uno, chi è?
quando uno muore, muore proprio lui
ma lui chi era?
era qualcuno che si aggirava in quel corpo.
che viaggiava sempre su quel corpo. che se la faceva con
quelle cellule, quell’ammasso di minerale girovagante.
una lingua caduta lì sopra?
no, si era autofabbricata.
emettendo filamenti, neurochimici, atmosferici-fonetici,
grafici ecc., il corpo era diventato lui?
in fondo, il morto, si può imbalsamarlo e animarlo con impulsi elettrici. è ancora vivo? lo abbiamo resuscitato? no, perché lui dentro era morto. cioè, si era consunto, consumato (o se l’era filata... era sgusciato?)
d’altronde, ognuno è proprio lui
quando passeggia, quando beve una birra, quando compra la
verdura.
quando va al comune a fare la carta di identità, in
particolare, è tanto proprio lui che 3 testimoni devono dire: è proprio lui,
oppure deve portare una fotografia proprio sua ecc.
ma se sulla carta di identità metto la fotografia di un
sosia, è falsa? no. lo stesso se una stampante laser mi riproduce esattamente.
ciò che ci identifica è il posto.
io sono uno che sta nel mio posto, al mio posto.
e quello là?
quello che sta al mio posto? quello è un pezzo di un mondo,
una porzione.
e quell’io, proprio lui, che sa che è proprio lui?
Livio, quel fantasma, quel personaggio sociale, inventato
(sempre all’anagrafe) tempo fa, associato e attaccato a me con certi fonemi di
origine sumera... o forse astrale.
quando muoio, io non saprò nulla, in me nessuna morte.
(dunque, nessuna morte).
e allora, uno, chi è?
Nessun commento:
Posta un commento