martedì 10 dicembre 2019

SINTESI DELLE TECNICHE DI CONTRASTO ALLA XYLELLA emerse nell’incontro Terra viva e terra morta



                    Piante verdi trattate opportunamente, e a pochi mt. piante secche non trattate.

(Aggiornato 2024) Si sintetizzano qui le conclusioni e le tecniche di contrasto al disseccamento dell’ulivo emerse nell’incontro tenutosi a San Pancrazio Salentino il 7 dicembre 2019, attraverso le analisi dei relatori,  i video e le documentazioni.  La prof.ssa Ciervo, dell’università di Foggia, ha evidenziato lo stretto legame statistico fra abuso di diserbanti nelle province di Lecce e Brindisi e disseccamento. La fitopatologa dr.ssa D’Amico ha illustrato i risultati del campo sperimentale Silecc di cui è responsabile, ha prodotto documentazioni che confrontano la resistenza della Coratina con quella di Leccino e Favolosa, e ha denunciato la evidente volontà politica di sostituire l’agricoltura tradizionale con modelli intensivi, come in alcune regioni della Spagna. Roberto Polo ha illustrato l'approccio simbiotico e in particolare alcune tecniche di stimolazione delle radici. Il sottoscritto ha fatto presente che i contributi regionali al momento non risultano economicamente convenienti, consistendo in insufficienti e tardivi rimborsi e azzerando la produzione per decine di anni. Sono stati proiettati video di Ivano Gioffreda e il prof. Franco Nigro da cui sono emerse altre utili indicazioni.


                                                            Polo, D’Amico, Paoloni

Le tecniche, tradizionali o frutto della recente ricerca, emerse dall’incontro si possono così riassumere:
1) POTATURA ANNUALE O BIENNALE. A giudizio quasi unanime si tratta della tecnica principale di controllo del fenomeno.  vanno evitate le capitozzature e gli interventi troppo drastici,
e vanno preferibilmente lasciati alcuni rami e succhioni apicali che favoriscono il flusso chioma radici, liberando i vasi linfatici occlusi dal batterio. Le parti secche vanno poi bruciate.
2) DISINFETTANTI BIOLOGICI. Subito dopo le potature, periodicamente e in primavera (non durante la fioritura) e in particolare su ferite, cavità, marciumi e scortecciamenti vanno praticate disinfezioni con poltiglia bordolese (1 kg solfato di rame + 1 kg grassello di calce per 100 lt di acqua) . Il tronco fino ai primi rami inclusi può essere disinfettato con una soluzione di 4 kg di solfato di ferro (disponibile in ogni agrivendita a circa 0,30 € a kg) e 2 kg di grassello (non polvere) di calce, per 100 lt. Opportuna anche  la slupatura sulle parti marce. Sul terreno può essere cosparso zolfo in polvere.
3) CURA DEL SUOLO. Vanno banditi gli erbicidi che indeboliscono le reazioni immunitarie di autodifesa della pianta, favorite trinciature o erpicature leggere, per non compromettere radici e micro-radici. La dr.ssa D’amico ha mostrato i buoni risultati ottenuti recuperando l’antica tecnica del sovescio, con mugnuli, favino, trifoglio ecc. , e successiva trinciatura a inizio primavera. Altre forme di concimazione preferibilmente organica sono ugualmente raccomandabili.
4) BIOSTIMOLANTI FOGLIARI. L’Efsa, autorità europea di controllo, pur richiedendo ulteriori verifiche, ha certificato che in alcune sperimentazioni l’uso del Dentamet , una combinazione di rame e zinco complessato con acido citrico (metodo Scortichini),  ha ridotto del 45% i rami secchi.  Il Dentamet è reperibile in rete al costo di  circa 10€ al kg, e va preferibilmente irrorato 4-6 volte all’anno dalla primavera all’autunno, nella quantità di 4 kg a ettaro. Anche altri biostimolanti e concimi fogliari sono risultati efficaci. 
5) BIOSTIMOLANTI RADICALI. La capacità di assorbimento radicale è fondamentale per rafforzare la pianta e favorire il flusso chioma-radici. R. Polo ha illustrato i risultati della sperimentazione di alcuni prodotti (ad es. il Micosat F, disponibile in rivendita a 22 € kg, per 200 gr. a pianta, o il té di compost, più economico), che contengono micorrize, consorzi microbici e stimolatori. In alcuni campi sperimentali sono state ottenute rese del 25% su cultivar miste salentine. Questo approccio di tipo simbiotico non è compatibile con l'uso di altri prodotti disinfettanti e antibiotici (qui illustrati ai punti 2 e 4). 

L’insieme, e solo l’insieme, di queste tecniche o di alcune di esse, nei campi sperimentali ha garantito un ottimo contenimento del disseccamento e del batterio, come documentato dai video e dalle verifiche statistiche e analitiche. I relatori concordano sul fatto che il batterio al momento non appare eradicabile, visto che nemmeno Leccino e Favolosa sono dichiarati immuni, e che è necessario continuare a sviluppare tecniche che permettano di conviverci, come peraltro è accaduto in passato con tutte le batteriosi e patologie vegetali.

Aggiornamento novembre 2024 . I recenti sviluppi della ricerca e l'evoluzione della malattia confermano quanto sopra illustrato. Un'importante ricerca di G. L. Bruno su Agronomy (https://www.sciencedirect.com/science/article/abs/pii/S0261219420302210) documenta ampiamente, con dati, grafici e fotografie, che le buone pratiche agronomiche combinate all'uso di stimolanti naturali (qui analizzato Nuovolivo, un prodotto a base di essenze vegetali e bicarbonato di sodio, ma con altri protocolli sono stati ottenuti  risultati comparabili) permettono una significativa ripresa vegetativa e produttiva anche della Cellina e dell'Ogliarola. Significativo anche lo studio pubblicato da Ciervo e Scortichini nel Journal of phytopatology del 31-1-24, che rafforza la tesi della multifattorialità del fenomeno, dimostrando la presenza di funghi patogeni come il Neofusicoccum mediterraneum nelle piante infette, e al contempo riscontrando un drastico calo della presenza della Xylella. 
La strategia dell'eradicazione è stata ormai abbandonata, e l'innesto con Leccino o Favolosa può dare buoni risultati solo su piante non più vecchie di 20-30 anni, e preferibilmente ancora sane. Il reimpianto di cultivar tolleranti come il Leccino deve certo integrare il recupero delle piante secolari, ma bisogna considerare che: nessuna cultivar è immune; sono necessari molti anni per raggiungere una adeguata produttività; Leccino e Favolosa richiedono molta acqua per una produzione ottimale, e lo scavo di nuovi pozzi, a parte costi e difficoltà, comporterebbe un aumento del fenomeno di intrusione marina e salinizzazione delle acque. Così si rischia di alimentare anche un ulteriore circolo vizioso, visto che la salinità delle acque è considerato da alcuni autori una concausa del Co.di.ro.  


Nella Masseria Curtimaggi 40.000 ogliarole e picholine tutte produttive vengono trattate solo con potature, arature e rame-zinco complessati con acido citrico.



L’Azienda Minosi, nel basso Salento, ha 1300 alberi tutti trattati, e in parte recuperati, col protocollo Scortichini




Postilla semiseria sul Dentamet, la scienza e il baccalà.

Il protocollo Scortichini e il Dentamet non sono certo la soluzione miracolosa al problema Xylella, ma quando leggo certe contestazioni tanto minuziose quanto livorose, e spesso pretestuose (ad es. qui) alla sua utilità nel contenimento del batterio, attestata da foto, video, sperimentazioni su larga scala, e infine le verifiche dell’Efsa, mi viene in mente la storia della peste di Napoli e il baccalà, a cui ho accennato nel precedente post. Nel 1656 scoppiò a Napoli e nel contado una devastante epidemia di peste, e l’autorevole Collegio dei Medici napoletani e il Viceré come prima misura fecero bruciare una nave con un carico di baccalà, e tutti i tagli acquistati dalla popolazione, attribuendo il contagio “ad un pesce fracido, detto volgarmente bacalà, venuto dal Mar Baltico, del quale, per essere venduto a vil prezzo, si sattolava la gente bassa... poscia che il veleno può infettare, secondo l’opinione del Mercati (autorità medica del tempo n.d.r.) il corpo umano per tutti li sentimenti. Per la vista e l’udito, come si legge del basilisco (l’innocuo rettile che secondo la scienza del tempo uccideva con lo sguardo n.d.r.). Per l’odorato, come per odore di alcuni sughi, e di un serpente, e di certo mele cattivo... per il gusto... per il tatto” .  (Historia del contagio di Avellino scritta dall’Abbate Michele Giustiniani”. Da un punto di vista angustamente scientifico questi giustizieri del baccalà avevano agito con lo stesso rigore con cui stanno agendo Scienza e Istituzioni nei confronti della Xylella. Avevano scientificamente accertato la presenza di una devastante epidemia, avevano scientificamente osservato che essa si era manifestata in esatta concomitanza con lo sbarco di una nave che trasportava baccalà, avevano scientificamente ipotizzato, in base alla bassissima probabilità di una coincidenza casuale, e osservando che il campione di popolazione considerato prima dell'arrivo della nave non presentava sintomi e dopo l'arrivo della nave schiattava, un nesso causale fra il baccalà e la peste, e infine avevano scientificamente messo in atto una procedura, la combustione, che eliminava scientificamente ogni minima scientifica traccia di baccalà. Il risultato fu una scientifica minchiata, che semmai favorì l’imperversare della peste indebolendo e affamando ulteriormente la popolazione. La vera scienza, avrebbe sentenziato Lacan, non confonde il rigore con la minuziosità, così come un orologio fermo, che segna l’ora esatta al miliardesimo di secondo 2 volte al giorno, non è più preciso di quello che sposta di un minuto, che non la segna mai. 

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