Piante verdi trattate opportunamente,
e a pochi mt. piante secche non trattate.
(Aggiornato 2024) Si sintetizzano qui le conclusioni e le tecniche di
contrasto al disseccamento dell’ulivo emerse nell’incontro tenutosi a San
Pancrazio Salentino il 7 dicembre 2019, attraverso le analisi dei relatori, i video e le documentazioni. La prof.ssa Ciervo, dell’università di Foggia, ha
evidenziato lo stretto legame statistico fra abuso di diserbanti nelle province
di Lecce e Brindisi e disseccamento. La fitopatologa dr.ssa D’Amico ha illustrato i
risultati del campo sperimentale Silecc di cui è responsabile, ha prodotto documentazioni che confrontano la resistenza della Coratina con quella di Leccino e Favolosa, e ha denunciato la evidente volontà politica di
sostituire l’agricoltura tradizionale con modelli intensivi, come in alcune
regioni della Spagna. Roberto Polo ha illustrato l'approccio simbiotico e in particolare alcune tecniche
di stimolazione delle radici. Il sottoscritto ha fatto presente che i
contributi regionali al momento non risultano
economicamente convenienti, consistendo in insufficienti e tardivi rimborsi e azzerando
la produzione per decine di anni. Sono stati proiettati video di Ivano
Gioffreda e il prof. Franco Nigro da cui sono emerse altre utili indicazioni.
Polo, D’Amico, Paoloni
Le tecniche, tradizionali o frutto della recente ricerca,
emerse dall’incontro si possono così riassumere:
1) POTATURA ANNUALE O
BIENNALE. A giudizio quasi unanime si tratta della tecnica principale di
controllo del fenomeno. vanno evitate le
capitozzature e gli interventi troppo drastici,
e vanno preferibilmente lasciati alcuni rami e succhioni apicali che favoriscono il flusso chioma radici, liberando i vasi linfatici occlusi dal batterio. Le parti secche vanno poi bruciate.
e vanno preferibilmente lasciati alcuni rami e succhioni apicali che favoriscono il flusso chioma radici, liberando i vasi linfatici occlusi dal batterio. Le parti secche vanno poi bruciate.
2) DISINFETTANTI
BIOLOGICI. Subito dopo le potature, periodicamente e in primavera (non
durante la fioritura) e in particolare su ferite, cavità, marciumi e scortecciamenti
vanno praticate disinfezioni con poltiglia bordolese (1 kg solfato di rame + 1
kg grassello di calce per 100 lt di acqua) . Il tronco fino ai primi rami inclusi
può essere disinfettato con una soluzione di 4 kg di solfato di ferro
(disponibile in ogni agrivendita a circa 0,30 € a kg) e 2 kg di grassello (non
polvere) di calce, per 100 lt. Opportuna anche la slupatura sulle parti marce. Sul terreno
può essere cosparso zolfo in polvere.
3) CURA DEL SUOLO.
Vanno banditi gli erbicidi che indeboliscono le reazioni immunitarie di
autodifesa della pianta, favorite trinciature o erpicature leggere, per non compromettere
radici e micro-radici. La dr.ssa D’amico ha mostrato i buoni risultati ottenuti
recuperando l’antica tecnica del sovescio, con mugnuli, favino, trifoglio ecc.
, e successiva trinciatura a inizio primavera. Altre forme di concimazione
preferibilmente organica sono ugualmente raccomandabili.
4) BIOSTIMOLANTI
FOGLIARI. L’Efsa, autorità europea di controllo, pur richiedendo ulteriori verifiche,
ha certificato che in alcune sperimentazioni l’uso del Dentamet , una
combinazione di rame e zinco complessato con acido citrico (metodo Scortichini), ha ridotto del 45% i rami secchi. Il Dentamet è reperibile in rete al costo
di circa 10€ al kg, e va preferibilmente
irrorato 4-6 volte all’anno dalla primavera all’autunno, nella quantità di 4 kg
a ettaro. Anche altri biostimolanti e concimi fogliari sono risultati efficaci.
5) BIOSTIMOLANTI
RADICALI. La capacità di assorbimento radicale è fondamentale per
rafforzare la pianta e favorire il flusso chioma-radici. R. Polo ha illustrato
i risultati della sperimentazione di alcuni prodotti (ad es. il Micosat F,
disponibile in rivendita a 22 € kg, per 200 gr. a pianta, o il té di compost, più economico), che contengono micorrize, consorzi microbici e
stimolatori. In alcuni campi sperimentali sono state ottenute rese
del 25% su cultivar miste salentine. Questo approccio di tipo simbiotico non è compatibile con l'uso di altri prodotti disinfettanti e antibiotici (qui illustrati ai punti 2 e 4).
L’insieme, e solo l’insieme, di queste tecniche o di alcune
di esse, nei campi sperimentali ha garantito un ottimo contenimento del
disseccamento e del batterio, come documentato dai video e dalle verifiche statistiche
e analitiche. I relatori concordano sul fatto che il batterio al momento non
appare eradicabile, visto che nemmeno Leccino e Favolosa sono dichiarati
immuni, e che è necessario continuare a sviluppare tecniche che permettano di conviverci,
come peraltro è accaduto in passato con tutte le batteriosi e patologie
vegetali.
Aggiornamento novembre 2024 . I recenti sviluppi della ricerca e l'evoluzione della malattia confermano quanto sopra illustrato. Un'importante ricerca di G. L. Bruno su Agronomy (https://www.sciencedirect.com/science/article/abs/pii/S0261219420302210) documenta ampiamente, con dati, grafici e fotografie, che le buone pratiche agronomiche combinate all'uso di stimolanti naturali (qui analizzato Nuovolivo, un prodotto a base di essenze vegetali e bicarbonato di sodio, ma con altri protocolli sono stati ottenuti risultati comparabili) permettono una significativa ripresa vegetativa e produttiva anche della Cellina e dell'Ogliarola. Significativo anche lo studio pubblicato da Ciervo e Scortichini nel Journal of phytopatology del 31-1-24, che rafforza la tesi della multifattorialità del fenomeno, dimostrando la presenza di funghi patogeni come il Neofusicoccum mediterraneum nelle piante infette, e al contempo riscontrando un drastico calo della presenza della Xylella.
La strategia dell'eradicazione è stata ormai abbandonata, e l'innesto con Leccino o Favolosa può dare buoni risultati solo su piante non più vecchie di 20-30 anni, e preferibilmente ancora sane. Il reimpianto di cultivar tolleranti come il Leccino deve certo integrare il recupero delle piante secolari, ma bisogna considerare che: nessuna cultivar è immune; sono necessari molti anni per raggiungere una adeguata produttività; Leccino e Favolosa richiedono molta acqua per una produzione ottimale, e lo scavo di nuovi pozzi, a parte costi e difficoltà, comporterebbe un aumento del fenomeno di intrusione marina e salinizzazione delle acque. Così si rischia di alimentare anche un ulteriore circolo vizioso, visto che la salinità delle acque è considerato da alcuni autori una concausa del Co.di.ro.
Nella Masseria
Curtimaggi 40.000 ogliarole e picholine tutte produttive vengono trattate solo con potature,
arature e rame-zinco complessati con acido citrico.
L’Azienda Minosi, nel
basso Salento, ha 1300 alberi tutti trattati, e in parte recuperati, col
protocollo Scortichini
Postilla semiseria sul Dentamet, la scienza e il baccalà.
Il protocollo Scortichini e il Dentamet non sono certo la
soluzione miracolosa al problema Xylella, ma quando leggo certe contestazioni
tanto minuziose quanto livorose, e spesso pretestuose (ad es. qui) alla sua
utilità nel contenimento del batterio, attestata da foto, video,
sperimentazioni su larga scala, e infine le verifiche dell’Efsa, mi viene in
mente la storia della peste di Napoli e il baccalà, a cui ho accennato nel
precedente post. Nel 1656 scoppiò a Napoli e nel contado una devastante
epidemia di peste, e l’autorevole Collegio dei Medici napoletani e il Viceré
come prima misura fecero bruciare una nave con un carico di baccalà, e tutti i
tagli acquistati dalla popolazione, attribuendo il contagio “ad un pesce
fracido, detto volgarmente bacalà, venuto dal Mar Baltico, del quale, per
essere venduto a vil prezzo, si sattolava la gente bassa... poscia che il
veleno può infettare, secondo l’opinione del Mercati (autorità medica del tempo
n.d.r.) il corpo umano per tutti li sentimenti. Per la vista e l’udito, come si
legge del basilisco (l’innocuo rettile che secondo la scienza del tempo uccideva
con lo sguardo n.d.r.). Per l’odorato, come per odore di alcuni sughi, e di un
serpente, e di certo mele cattivo... per il gusto... per il tatto” . (Historia del contagio di Avellino scritta
dall’Abbate Michele Giustiniani”. Da un punto di vista angustamente scientifico
questi giustizieri del baccalà avevano agito con lo stesso rigore con cui
stanno agendo Scienza e Istituzioni nei confronti della Xylella. Avevano
scientificamente accertato la presenza di una devastante
epidemia, avevano scientificamente osservato che essa si era
manifestata in esatta concomitanza con lo sbarco di una nave che trasportava
baccalà, avevano scientificamente ipotizzato, in base alla
bassissima probabilità di una coincidenza casuale, e osservando che il campione di popolazione considerato prima dell'arrivo della nave non presentava sintomi e dopo l'arrivo della nave schiattava, un nesso causale fra
il baccalà e la peste, e infine avevano scientificamente messo
in atto una procedura, la combustione, che eliminava scientificamente ogni
minima scientifica traccia di baccalà. Il risultato fu una
scientifica minchiata, che semmai favorì l’imperversare della peste indebolendo
e affamando ulteriormente la popolazione. La vera scienza, avrebbe sentenziato
Lacan, non confonde il rigore con la minuziosità, così come un orologio fermo,
che segna l’ora esatta al miliardesimo di secondo 2 volte al giorno, non è più
preciso di quello che sposta di un minuto, che non la segna mai.
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