vulva, cresta e occhi sono i 3
caratteri distintivi della bestia al centro dell’organismo-folla... in preda a
convulsioni, a spasmi, a singulti, a battiti.... è una carne che batte, che
sbatte
la carne agitata, la macchina surriscaldata, febbrile – che assurge in virtù di questa posizione
nevralgica del meta-organismo che è la folla, a una specie di funzione
regolatrice ( è una diva, un
paradigma, un’astrazione, un numero... tainatarner è il numero della donna...)
l’animale-folla, spalmato sul
prato, pulsa e respira ritmicamente, trasuda e traspira... ha investito il
punto apicale della funzione linguistica. come lo sfogo di un follicolo,
reclutamento di spettatori come i leucociti del pus.
infine la voce...la voce che
(per grana, per timbro) è elemento distintivo.... e la voce di questa, la
fricazione che fa l’aria sagomandosi e scivolando nel tubo-taina, è una voce
anch’essa vistosa, eminente, eccentrica, protuberante....
è una voce di carrucola vecchia,
è una voce di macchina farraginosa, cigolante, è una voce di grande uccello
dalle gambe lunghe... è una voce di vulva, come se la vulva gridasse, si
lamentasse o gemesse per l’intrusione insostenibile di un’altra carne... il
verso della vulva... fiato della foresta, rigato dagli attriti... è una voce terrificante...
è una voce straziante... è una voce di fiera, ha il tremolio
lungo della tigre (è un ruggito )
che è accaduto, oltre al
trasferimento di denaro nelle tasche degli organizzatori e della cantante, e al
piacere degli aspetta-tori... è accaduto uno spasmo, un evento
in mezzo all’acqua del mondo, si
sbraccia, barcolla, gesticola, brancica, brancola come un subacqueo, intanto
l’aria passa e si producono urla, e c’è una sensazione unanime, e un ruotare
intorno a un perno.
delle strutture instabili, e
perciò in riequilibrio, appoggiate su un piano più consolidato
l’aggancio e il trascinamento
del meta-organismo
il sincronismo
il punto attrattore, individuato
in un luogo denso, intensivo (turbolento, animale/primitivo, scuro, energico)
lo scorrere del tempo – 4,5
minuti - attraverso questa massa molle
c’è un uomo su un lato e gli
uomini sull’altro
un “un” in un “il”
un mentre in battiti
un rilascio di felicità
qui si produce tempo. la bestia
produce tempo. la canzone si fa in un tempo, ma questo tempo lo fa la bestia
perché questi spasmi, questi
balzi? questa frenesia, questa dissennatezza? non riconosce il posto. si è
perduta. dove sta?
è in preda a che, è la preda di
che? del tempo? certamente sta “vedendo” il tempo – e ne è terrorizzata.
certamente si è accorta che è precipitata in un meccanismo temporale - che la
macina. deve guadagnare denaro, e fama, perché deve guadagnare tempo. perché urla? poteva fare il concerto scritto, o
sottovoce. urla perché è braccata, è attanagliata, (urla a un tizio che è il
migliore, ma non è quello il problema... quello è il migliore a farla
dimenticare...ma avrebbe urlato anche una sequenza di numeri). lancia
l’allarme, e il segnale si ripercuote
(nella folla...nel branco, nella
carne macinata che capta il segnale)
dove sta? sta lei sola, sul
bilico dell’altrui. dopo il confine della sua pelle – in fremito, sudata,
orgasmica – si spalanca un’estensione ignota di carni... sono altri. si sporge e prova orrore, soffre
di vertigini.
e tuttavia è tutto il sé,
quell’altro, quel dell’altro. la folla, la lingua della folla, la lingua
dell’umanità, è l’alfabeto di cui si compone la sua storia, la sedimentazione
della sua psiche, la sua passione per quel “the best”, la sua posizione nel
mondo. ha tutto davanti, tutto il suo dentro è dispiegato nel fuori. tutti
i raggi si concentrano nel fuoco, dove brucia lei, congestionata di psichi,
saturata, colle nevroglie e il sangue in combustione - escandescenti. questo è
il minimo evento che si produce, che fa del suo urlo un’invocazione rituale,
uno scongiuro, un’implorazione al dio. e lei crede, tutta la sua agitazione è
rovesciamento nel visibile della sua fede. esclama la sua fede.
finito il concerto, si accascerà
in un camerino, col clitoride gonfio, coi polmoni spompati. ha fatto il
concerto, ha aggiunto a sé, ha spruzzato uova intorno.
amen amen
un uomo che abbia da dire
qualcosa di nuovo – perché per i luoghi comuni non ci vuole nessuna attenzione
– può essere ascoltato, in un primo tempo, soltanto da chi lo ami.
simone
weyl
( siamo un corpo solo, un
organismo tentacolare solo, l’umano, irrimediabilmente intercomunicante,
intimamente concorde, corrispondente e corresponsabile, un solo continuo fisico
e linguistico, appena separati da un po’ d’aria inconsistente, e da un pelle
aperta, esposta, carente e perciò sempre avida dell’altrui contatto. nella
lingua, poi, nella psiche, in quella cosa o sua spuma che chiamiamo anima, non
esiste nemmeno questa separazione giurisdizionale, ognuno respira con le
parole, col fiato dell’altro, ognuno vive della storia, delle esperienze e
delle regole che ha elaborato la sua comunità, il suo popolo, la sua specie, di
tutti i tempi presenti, passati e futuri. ognuno va a estrarre, a prelevare, a
reclutare volta per volta le sue parole da questo enorme io linguistico comune
e collettivo, e svolge la sua funzione di io per un giorno, per 80 anni, ma poi
restituisce il prestito e chi sopravvive è ancora lui, l’umano, la ciclopica
nube o alito linguistico che tutti ci permea e di cui tutti siamo parte)
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