Se un geniale precursore non rivendica il primato di un’invenzione che sta cambiando il mondo, ha evidentemente qualcosa da nascondere e ipercompensare. Il movente è semplice: la stessa idea di una criptosocietà regolata da criptomonete e criptocontratti delineata nell’articolo non potrebbe essere realizzata perfettamente che in forma anonima, dunque Wei Dai per realizzarla aveva bisogno di criptare la sua identità.
Bitcoin, etherereum ed altcoin (ce ne sono ormai migliaia)
hanno avuto finora (2018) solo un impiego limitato e distorto, quello
speculativo, alimentando quella che è forse la più colossale bolla della storia
della finanza. Con la prima transazione, regolata il 3 gennaio 2009, furono pagate 2 pizze con 10.000
bitcoin. Il valore di scambio della moneta era dunque di circa 0,0005 €. A
dicembre scorso quel valore era arrivato a 20.000 €, dunque si era moltiplicato per 40 milioni. Chi avesse
conservato anche 1 solo bitcoin da allora sarebbe ora ultra-milionario, e di
fatto lo sono diventati molti ragazzini un po’ intraprendenti, o solo un po’ sconsiderati, oltre che numerosi speculatori più avvertiti. La bolla scoppierà e si dissolverà in un
nulla, o comunque si autolimiterà? A questo punto è difficile dirlo. Quel che è
certo però è che il bitcoin non è solo quello, e che anzi originariamente,
essenzialmente e potenzialmente era ben
altro.
La criptovaluta è denaro elettronico, non solo virtuale. E’
denaro dunque a cui corrisponde solo una sequenza di caratteri digitali, un
hash, memorizzata su un server. Ma tutto il denaro, e anzi tutto il valore è virtuale e fiduciario. Solo
il 10% del denaro attualmente circolante ha un suo equivalente in carta o
moneta, ma la stessa carta ha come valore d'uso quello di incartare il pesce o scriverci,
e l’oro non è più resistente del ferro o della pietra. Siamo noi che gli attribuiamo un
valore.
La criptovaluta ha semplicemente definito in forma
tecnologica, informatica, criptografica quello che è un principio costitutivo
di ogni società, umana ma anche animale, e che potremmo definire il principio di convalidazione reciproca della
realtà. Questo principio, che in forma embrionale troviamo naturalmente in Platone o
Eraclito, è stato forse analizzato nella sua forma
più radicale e seminale da Lacan ne “Il tempo logico e l’asserzione di certezza
anticipata” (Ecrits). Nell’articolo
Lacan dimostra che l’oggettività temporale dipende dal rigore, la precisione e
la tempestività anticipante con cui ciascun essere umano la calcola. Inoltre il
principio di intersoggettività, fa intendere Lacan qui e in altri punti della
sua opera, è quello che convalida la nostra stessa identità – non solo nel
senso di riconoscibilità sociale, ma anche nel senso grammaticale e infine
psicologico – e in ultima analisi è quello che convalida ciò che intendiamo per
realtà. Un tavolo, un cielo è reale se ci accordiamo reciprocamente sulla sua
esistenza, se conveniamo di suscitarlo dal possibile, dall’indeterminato, dal
nebuloso che è l’esistente prima del linguaggio e la coscienza. E’ il nome, è la lingua che ritaglia
il continuo e produce il discontinuo del reale.
L’ideologia cyberpunk della cripto anarchia traspone questo
principio a livello dell’ordine normativo, attraverso lo smart contract e la criptomoneta, e realizza questo progetto
attraverso 2 strumenti tecnici, la blockchain e l’algoritmo criptografico
(quello prevalentemente utilizzato è attualmente lo sha-256).
La blockchain è la grande, vera innovazione che sta alla
base della criptovaluta. Si tratta in sintesi di un registro pubblico decentralizzato. Ogni transazione, finanziaria
o contrattuale in senso lato, è registrata in quello che è essenzialmente un
file globale, un database accessibile da ogni punto della world wide
web, e quindi verificabile da chiunque, in cui è contenuta la sequenza di tutte
le transazioni. Ogni transazione – ogni contratto sociale – consiste in una
sequenza alfanumerica (una riga del file) che contiene: la firma (nella forma crittografata
e quindi anonima dell’hash) dei 2 negoziatori, i termini e le condizioni
dell’accordo che contraggono (ad esempio il passaggio di un bene, materiale o
immateriale, o una votazione, o magari uno scambio sessuale come il contratto
matrimoniale), una marca temporale, e le firme (gli hash) della transazione che
l’ha preceduta e di quella che la seguirà (convalidandola). Attraverso questo
meccanismo di incastro ogni anello della catena è indissolubilmente legato
all’altro e all’intera sequenza. L’accumulo rende la catena immodificabile e
indelebile, perché i costi di un’eventuale manomissione del file diventano
progressivamente maggiori di ogni possibile vantaggio delittuoso. Nello stesso
tempo il registro è decentralizzato, perché a convalidare la transazione è
questo meccanismo e non un ente terzo centrale, quale potrebbe essere la banca, l’archivio
notarile o il governo centrale.
La blockchain è una vera e propria “invenzione”, una scoperta tecnologica che viene studiata da
matematici e informatici (non solo nelle università e nelle istituzioni
finanziarie) per individuarne i possibili impieghi sociali, e che costituisce
il cuore della criptovaluta e lo smart contract. In tal senso il suo contenuto
tecnologico garantisce che l’esplosione della criptovaluta non è solo una
“bolla”, ma in parte il riconoscimento di un valore reale. Questo aspetto forse
non è stato compreso a fondo dai numerosi critici della criptovaluta, fra cui
il finanziere più ricco del mondo, Warren Buffett, e il pur lungimirante Bill Gates,
progenitore di tutto il possibile internettiano, che la hanno definita una
trappola per topi. La criptovaluta è “anche” una bolla e una trappola per topi,
ma non solo.
Certamente è un colossale contenitore, un trasparente
significatore delle più vertiginose contraddizioni del mondo contemporaneo...
sogno di giustizia, e poi veicolo di rovinosa e tracotante follia finanziaria,
di sperequazione esponenziale, di gregarismo fuori controllo... non so se la
critpovaluta è il futuro o è la barbarie
tecnicamente equipaggiata profetizzata da Debord.
Nel progetto cripto-anarchico di Wei Dai, b-money e
smart-contract erano il proiettile intelligente e chirurgico che avrebbe giustiziato
il Leviatano, lo Stato centrale con le sue imposizioni dispotiche e vessatorie, la sua
logica disumanizzata, la sua iperproliferazione burocratica, e il sistema bancario, strumento di ogni imperialismo economico – attraverso la
rottura del legame fra soggetto di linguaggio e corpo. Nel criptomondo di Wei
Dai il governo “non è temporaneamente distrutto, ma è permanentemente vietato e
permanentemente inutile”, perché i rapporti sociali sono istituiti fra soggetti
anonimi, e regolati dai meccanismi automatici che ci mette a disposizione la
tecnologia cibernetica. Il governo è vietato e inutile, la legge è
paradossalmente vietata, perché al controllo dello stato si sostituisce
un’inferenza logica, un effetto sintattico, l’automatismo necessario di uno
script - l’ “If this, than that” dello smart contract. Cosa si sta realizzando
di tutto questo, posto che realizzarlo sia possibile? Innanzitutto la moneta elettronica non ha
prodotto per ora nulla, sono pochissimi i venditori che la accettano e persino gli
acquirenti che la propongono, soprattutto per la sua alta volatilità, che ne vanifica
la funzione di scambio. Nemmeno l’oro e i diamanti sono usati come mezzo di
scambio, ma funzionano come riserva di valore. Valgono la loro rarità e il
costo della loro faticosa ricerca e estrazione. Bisogna però pensare che queste
materie posseggono in sé una valenza simbolica, e cioè linguistica. Il diamante
ad esempio è il minerale più duro e più luminoso, e rappresenta in quella architettura
amorfa e ramificata di simboli che costituisce lo psichismo umano qualcosa come
l’inserzione dell’immateriale nella
materia, l’esplosione della luce vitale e informativa nella pesantezza
della materia - dal che deriva la sua fascinazione. L’ichnusite è più rara del diamante ma non
rappresenta niente. Il bitcoin non ha per ora né un uso linguistico né
economico. Ha prodotto consumo, l’immane quantità di energia (annualmente
equivalente al consumo energetico del Marocco) necessaria ai miners per la sua
validazione elettronica. E’ una macchina a prodotto negativo, un dissipatore
energetico, come una Ferrari che stia ferma ma consumi spropositamente, e sia
quotata proprio per la potenza espressa dal suo consumo – o forse come un’arma.
In questo senso è sperabile, e probabile, che sia gradualmente sostituito da
altre altcoin con tecnologie meno dispendiose. Innanzitutto ethereum (che ha in
progetto di virare dall’antieconomica proof ok work alla proof ok stake), o
iota, che si basa sulla blockchain sparpagliata del tangle, o altri progetti
minori improntati a una visione e un uso responsabile della criptovaluta, come
faircoin, wepower o l’algorand dell’italiano Silvio Micali. Il suo costo invalida
anche la sua funzione. Di fatto il bitcoin è decentrato sintatticamente, ma computazionalmente
è in mano per il 70% a pool di miners cinesi che grazie alla maggior potenza di
calcolo delle loro stazioni informatiche riescono a controllare tutti i
processi di validazione. Potrebbero decidere da un istante all’altro che il
bitcoin torni a valere 0,0005 €, ed esso da un istante all’altro tornerebbe a
valere questa cifra insignificante. Potrebbero decidere forse, chissà, che per contratto
cibernetico e dunque inesorabile la città di Milano deve esplodere. Nel
criptomondo il nome non è legato al corpo e alla localizzazione – alla
posizione fisica. I ranghi gerarchici non vengono più definiti in base alla
potenza muscolare (alla forza, come nei sistemi sociali arcaici) o a quella
spaziale (le terre possedute, i beni posseduti, il capitale come nel sistema
borghese e imperialista) ma dalla potenza di calcolo della CPU, del processore
informatico. Il taglio fra soggetto e
corpo ha solo spostato la sede del potere dal corpo alla macchina.
Difficile che una macchina ci renda liberi. Difficile che
una protesi del corpo, più fredda e meno molle del corpo, ci renda liberi. Difficile
la libertà, d’altronde.
wei dai - b-money
satoshi nakamoto - white paper
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