martedì 16 ottobre 2018

Riflessioni di un semianalfabeta

sulla vita, sulla felicità, sulla religione, sull’uomo e sul modo di cambiarlo.

di Renato Borriello (1927-2018)
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Tutto dunque è terra, tutto viene dalla natura. La natura con le sue albe ed i suoi tramonti, con le sue nuvole ed i suoi temporali, il mare con la sua calma e le sue tempeste, i suoi fiumi, i suoi monti limpidi e innevati ed i suoi deserti, le sue colline con i suoi musei dell’aria, le sue foreste, in questa terra benedetta, ma offesa, devastata, umiliata. Ah quei pigmei che fanno parte della foresta, sono posseduti dalla foresta, hanno la foresta nel loro sangue, come sono più autentici di noi, che solo a volte, inseguendo un ricordo antico, cerchiamo di tornare, in vita o in morte, alla terra dove sono le nostre radici, o di ritornare a una vita più naturale. Forse esiste anche un gene dell’umiltà, o collegato all’umiltà, da humus, terra, e i pigmei lo hanno riattivato, ne hanno fatto il gene dominante nella loro vita. Questo gene l’homo sapiens sapiens lo spense, anche se milioni di Francesco d’Assisi lo riaccendono ogni giorno, da millenni. D’altronde cosa sono 200.000 anni di storia di fronte ai miliardi di anni che ha impiegato la natura per creare questo corpo umano così complesso, questo capolavoro, questo stupore della natura sempre più perfetto, nonostante la sua brama di potere. Cogli il positivo, anche con tutte le sue contraddizioni, diceva Croce, dunque non possiamo non ammirare l’uomo, questo uomo che con le sue curiosità e necessità è riuscito a volare, ad andare sulla luna, a creare computer, che ogni giorno con le sue ricerche, la sua cultura, la sua scienza, la sua tecnologia riesce a migliorarsi, e riuscirà un giorno anche a superare i suoi egoismi e la sua brama di potere. Così come sarà capace, forse fra altri 200.000 anni, di risolvere l’eterno quesito: chi fummo e come fummo, chi siamo e come siamo, chi saremo e come saremo. Aiutiamo allora il buon dio, ancora chiuso nel suo laboratorio, dove ancora studia come riparare il grave disastro causato da quei monellacci di angioletti, e ridiamo un sorriso anche a quegli angioletti ancora mesti per il senso di colpa, condannati ad osannare e pregare ogni giorno il loro dio, in un paradiso statico ed eguale. E diamo un sorriso a tutti i bambini ammalati o affamati...
Non dimenticherò mai l’incontro che ebbi con un bambino in un orfanatrofio di Calcutta. Ero andato a visitare il centro di Madre Teresa. In uno stanzone freddo e buio, pieno di lettini, che sembrava vuoto, vidi una sagoma su un lettino, sotto una coperta. Alzai la coperta. C’era un bambino raggomitolato, con un viso triste e sofferente. Mi misi a giocare con lui, alzando ed abbassando la coperta... cucù...tethé... cucù...tethé... Il bambino all’inizio mi guardò con diffidenza... poi capì il gioco, e mi fece un sorriso luminoso... alla fine non voleva più smettere di giocare.
Il sorriso  di un bambino misto di dolcezza, ingenuità e curiosità, è l’unica cosa che potrebbe far divenire questo mondo un paradiso terrestre vivo ed operante, un mondo in cui i bambini possano chiamare padre e madre tutte le persone della generazione dei loro genitori, nonni quelli della generazione precedente, fratelli e sorelle tutti quelli della loro età e magari danzare. Le donne ed i bambini pigmei non camminano, ma danzano, danzano e gioiscono, come io gioisco al ricordo del sorriso di quel bambino, in uno stanzone oscuro e freddo di Calcutta, che giocava con me alzando e abbassando la coperta .... cucù...tethé... cucù...tethé...
Uscendo dall’orfanatrofio, mi trovai di nuovo circondato dalle madri in lacrime. Provai un senso di impotenza e di colpa, mi sentii anch’io colpevole di quei volti senza viso, senza nome, senza futuro in un mondo dominato dalla ricchezza e dal potere.
E tuttavia, per un istante ero riuscito a fare una piccolissima cosa, a far sorridere quel bambino, e questo mi faceva pensare che ancora si può sperare in un mondo migliore.


                                                                                                                    (edizioni Delta 3 - 2012)


 questo era papà....

 

 

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