martedì 6 gennaio 2015

Gli abissi della mia giovinezza


nel passato, il presente si fa assente (impresente, dovrei dire), rotti i legami che lo saldavano alla carne, alla vita, resta la sua natura di impronta, di struttura di rapporti. l’essere diventato passato del presente, ne scopre l’inconsistenza, l’insussistenza.
queste sensazioni, questi pensieri me li ha suscitati l’ascolto di alcuni vecchi pezzi di pino daniele (je sto vicino a te, I say i’ sto ‘cca, Yes I know my way ecc.)

ma in fondo quale modo migliore c’è per ricordare un musicista, che raccontare cosa ha rappresentato autenticamente per noi stessi... e infine ogni musica, proprio perché intensifica il presente, ascoltata a distanza finisce per essere il segno più potente dell’essere stato di quel presente.
ogni accelerazione e parossismo del corpo ci fa avvertire più acutamente il senso dei suoi limiti, wittgenstenianamente intesi.

a me ha sempre fatto paura il passato più che il futuro. che il passato sia passato, è spaventoso. nessuno sguardo lucido e cosciente può essere gettato su questo abisso, la vertigine manda in crash le associazioni mentali e percettive, l’io si sgretola e per un istante si sconfina nella psicosi.
è impossibile che il mondo sia stato, che io lo sia stato.

ascoltavo queste canzoni quando avevo 17, 18 anni, spesso insieme agli amici...è questo che mi fa paura, questo passato. che non ci sia più pino daniele, in fondo mi riguarda indirettamente. ma mi riguardano direttamente quelle canzoni che sono state la polpa di certi attimi, che hanno tessuto e sostenuto certi attimi, insieme a certe risate, a certi desideri, a certe serate a girare in macchina con gli amici... tutto ciò si è disfatto, abolito, si è auto- inghiottito, è rientrato nel suo nulla. tutto ciò non esisteva, evidentemente, già allora, e rivela solo adesso la sua assurda insussistenza.  

poi la morte della persona pino daniele è anche una perdita sociale, rappresentava la napoli buona, così striminzita e soffocata dalla napoli che non mi piace. era una persona autentica... una volta a pistoia blues con gli amici dell’epoca hippy ci avvicinammo per salutarlo... era gentile e simpatico... era esattamente quello che era sul palco. vagliu', andiamoci a fuma' 'no spinello ci disse, e fumammo con lui.


N.B. il mio amico franco a. mi dice che ha polemizzato in un articolo (mi pare su Il fatto) e su facebook contro le celebrazioni a p.d.. sinceramente, mi pare che p.d. sia il bersaglio sbagliato, per quanto ne so rifuggiva persino da FB e da ogni forma di narcisismo. è ovviamente doveroso far notare 1) che al funerale di caproni, molto più "poeta" di p.d. c'erano 10 persone 2) che il p.d. delle prima fase, musicalmente e ideologicamente, ha subito un'evidente involuzione. affermare ad es. come ha fatto che grazie all'intervento di berlusconi sul problema dei rifiuti si è vista per la prima volta la presenza dello stato a napoli suppone un'analisi superficiale e viziata dal vecchio, amorale vittimismo meridionale, perchè quello di cui necessita napoli non è certo la presenza dello stato come istituzione, ma l'identificazione dei cittadini con lo stato, e cioè l'acquisizione di una coscienza civica dei napoletani. 3) è anche da far notare che musicalmente p.d. deve moltissimo a James Senese e Napoli Centrale, che inventarono la contaminazione fra musica mediterranea e anglosassone, la fusion jazz-rock-melodia, e il loro uso sociale e politico (con gli area ed altri), fra l'altro anticipando così, e in forma più rigorosa,  gran parte della miglior musica di questi anni. rimando ad es a campagna, oppure 'a gente e' bucciano, o 'o nemico mio e tanti altri pezzi incredibili.

2 commenti:

  1. sarà l'eco del post precedente, ma ecco un'altra cosa che m'inquieta. "è impossibile che il mondo sia stato, che io sia lo stato" è uno dei mantra più gettonati nella recita europeista delle sinistre attuali: lo stato è brutto, vecchio, corrotto, improduttivo mentre io sono progressista, incarno il progresso, amo il prossimo, siamo tutti fratelli, penso in termini globali e così via.
    peccato che tale visione coincida con quella del mercato globale, dei capitali finanziari e delle oligarchie di potere che assai poco hanno a spartire con la bandiera rossa “stessa o veduta”. peculiarissimo impasse, nevvero?
    vabbè, scusa il fuori topic parziale. per il resto trovo anch’io che toccare con mano il fatto che “il passato è passato” sia spaventoso. la musica in tal senso - essendo, come affermava lo zio Arturo, metafisica in suoni - è particolarmente potente nell’evocare tale vertigine. voglio tediarti raccontandoti quest’aneddoto. qualche sera fa quasi piangevo riascoltando Zen Arcade degli Husker Du (eh, i miei freschi sedicianni…), poi mi siedo a tavola e mia moglie mi versa nel piatto un minestrone di verdure. per qualche attimo sono rimasto così, irretito, poi sotto lo sguardo deplorante dei figli ho cacciato la mano nel piatto e sono scoppiato a ridere gridando: “ho toccato con mano il passato! ho toccato con mano il passato!” ohi, tutto ciò per dire che con quelle stesse “certe risate” si può ancora esorcizzare “questo che mi fa paura, questo passato”.
    : )
    insomma, buona assurda insussistenza a noi, e andiamoci a fare un grappino, fratello!
    : )

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  2. ...anche qui giochi con le parole...peraltro come il caparezza di Non sono stato io...
    beh, sono andato a cercare su youtube questi huisker du dei tuoi 16anni....un bel bordello... ora capisco perchè hai fatto il neurologo (e anzi il neurologo mezzo pazzo del suo, credo...).
    non male lo zio arturo... metafisica in suoni... non so se si riferiva anche lui agli huskidù...fatto salvo questo caso, credo che il kant della critica della ragion pura sottoscriverebbe...

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