tutto il valore di massimo troisi è
nella sua finissima capacità di esprimere l’imbarazzo. troisi è il minuzioso
cesellatore, l’esatto formulatore somatico dell’imbarazzo, questa è la chiave di tutto
il suo lavoro. fra tutte, si pensi alla scena di scusate il ritardo dove conclude che la bambina è meglio che se la mangia il fratello , o a quella in cui chiede allo stesso i soldi per il regalo
alla madre (tutto su youtube).
questo imbarazzo nasce sempre dal conflitto fra l’umanissimo
egoismo (accattivarsi lui l’affetto della nipote, partecipare con una quota
risibile al regalo alla madre, mettere lui la “sepponta” al padre ugo, essere
amato lui dalle varie donne di cui è geloso di volta in volta... ecc. ) e la
sua delicatezza, e cioè l’altrettanto
umano desiderio di non dispiacere all’altro, o di dargli piacere. da questo
conflitto nascono l’aria esitante, le torsioni espressive, le smorfie, i balbettii
e carsismi della voce nasale e introvertita, la caratteristica mimica contratta
e sincopata (le mani che spesso spezzano il gesto) e d’altra parte le
giustificazioni assurde, i paradossi, i giri mentali divagatori e pindarici delle
sue gag. quel che ci fa ridere, è la pulsione vitale egotica che inciampa nel
sentimento dell’alterità, e sopravvive pur nella sua forma strozzata.
scusate il ritardo: vedi sopra; o il dialogo della salsa senza i semi e le pellecchie
le vie del signore sono finite: la malattia psicosomatica di camillo, il corpo bloccato; passim tutti i dialoghi d’amore.
pensavo fosse amore e invece era un calesse: passim tutti i dialoghi di gelosia mascherata, ad es. quello “prendete casa, avete un problema?”
il postino: imbarazzo d’amore con beatrice russo, imbarazzo di reverenza con neruda. il postino è lo spirito semplice e istintivo che finalmente si emancipa e si apre alla cultura, il portatore di un linguaggio e di una lettera, che finalmente apre la lettera.
ricordo che troisi è morto poco dopo aver terminato il film, e a chi gli consigliava di fare prima il trapianto cardiaco, rispondeva che voleva finire le riprese col “suo” cuore. non voleva girarle con la carne di un altro nella propria carne, un altro bionico, evoluto, europeo e in buona salute – così come non si è mai trapiantato in bocca un italiano che non gli apparteneva. la propria morte gli è sembrata più conveniente, o più vera, che la vita di un altro. forse è stato l’ultimo a pensarla così, e il primo a sapere che non era più una scelta possibile.
NOTA
non per fare classifiche, ma a scanso di'equivoci e per coerenza di giudizio, preciso che troisi non si può dire sia il mio comico preferito - né è sicuramente quello che aveva maggior bisogno di una celebrazione (ma di un'analisi forse sì), proprio perché piace sia alla "massa" che all'intelletuale (scola, ghezzi che lo preferisce addirittura a moretti...). t. è insomma soprattutto un eccellente attore, ma non direi che il suo lavoro abbia un valore conoscitivo, o apra nuove prospettive o visioni della realtà. resta all'interno di moduli un po' scontati, insomma...
sui comici italiani ho scritto qualcosa qui http://livioborriello.blogspot.it/2012/11/lefficace-nulla-frullato-il-pulsante.html#more ... ne emerge che il mio preferito è corrado guzzanti. anche su nanni moretti credo che ghezzi prenda un grosso abbaglio... il primo moretti, proprio quello che lui svaluta, è straordinario, e proprio perchè al di là, o prima di "fare cinema", costruisce nuovi rapporti di senso, propone un'altra logica percettiva, altri tempi comici, altra infra-testualità...il tutto detto in sintesi...
di napoli ho scritto anche - fra l'altro - a proposito del bel libro di antonio piediemonte sul cimitero delle fontanelle
Una città segreta nel sottosuolo di Napoli
I legittimi proprietari e abitatori di questa città sono
ovviamente i morti, ma non mancano i camorristi latitanti, i posteggiatori, e
ovviamente i devoti del culto delle anime del purgatorio, che le frequentano,
sembrerebbe, soprattutto per carpire loro vaticinii cabalistici e numeri al
lotto. In realtà il mondo descritto da Piedimonte ha la stessa meravigliosa e preoccupante
caoticità della Napoli visibile. Vi si trova davvero di tutto: cimiteri e
cappelle, statue antiche e dipinti di Luca Giordano, cisterne, fogne e treni,
la probabile vera tomba di Leopardi (ossimoricamente situata poco al di sotto
della casa natale di Totò) o uno straordinario ammasso che a tutti gli effetti
si potrebbe considerare la geniale installazione di un artista contemporaneo:
un’enorme colata di cemento in cui sono inglobate centinaia di carcasse di
auto, fra cui un carro funebre usato per il contrabbando delle sigarette.
Napoli, ci spiega Piedimonte, vanta storicamente e genealogicamente un
rapporto privilegiato coi propri inferi,
col proprio profondo. “Impastata di luce e di buio, nata e cresciuta intorno ad
una tomba, quella della sirena Partenope”, sede della porta degli inferi
secondo gli antichi, caratterizzata indissolubilmente nell’immaginario del
villaggio globale dall’incombente presenza del Vesuvio. Il suo però è un
occulto domestico, confidenziale, con cui intrattenere un tranquillo rapporto
di vicinato (fra vicini di mondi, nella fattispecie), almeno per quanto
riguarda il suo aspetto superstizioso e popolare. Nella sua forma più profonda,
l’occulto di Napoli è semplicemente questo:
un rapporto con le forze primordiali, demoniche, ctonie, col fuoco
segreto che alimenta la vita sulla terra. E’ da questo rapporto che
probabilmente il napoletano attinge la sua straordinaria vitalità, quando cerca
di esorcizzare il suo atavico timore del Vesuvio esplodendo fuochi e botti, o
quando canta, perchè gli passi (la paura, la miseria, o l’ultimo
governo).
Anche nel Cimitero della fontanelle, la galleria scavata nel
tufo sotto il quartiere della Sanità, i morti non hanno nulla di macabro e
perturbante, come accade a quelli di altre città del mistero ( ad esempio
Parigi, Praga e Torino, vertici del presunto triangolo della magia bianca, e S.Francisco, Londra e ancora Torino, che
traccerebbero quello della magia nera), anzi si potrebbe dire che in qualche
modo non sono nemmeno morti, ma vivi in una condizione fisica assai deperita.
Infatti come i vivi hanno dei nomi, Capa rossa, Fratello Pasquale o ‘o Monacone, come i vivi parlano, e vaticinano, come i
vivi addirittura sudano, e come i vivi hanno bisogno di attenzioni, cure, e
continue lucidature. Anche nel rapporto coi morti si manifesta la peculiare fisicità
del popolo napoletano.
Il libro si districa abilmente in questa allucinazione
materializzata, in questa fantasticheria dantesca a portata di ascensore e, una
notizia a riga, lo descrive con dovizia, rigore antropologico e insieme
sensibilità al mistero. E’ un libro che con mezzi documentari e realistici
finisce per sortire un effetto fantastico e sovrannaturale, ma questo forse è
un merito più della città che dell’autore, una città così irreale che le riesce
difficile farsi descrivere plausibilmente,
razionalmente. Non mancano peraltro gli aneddoti gustosi, come quello
dello speleologo scambiato per un morto a cui i napoletani di sopra richiedono
qualche numero al lotto, e notizie succose per l’irpino, come quelle sul culto
di S. Pantaleone, protettore e intercessore ancora del lotto, venerato nel
Santuario di Montoro.
Il culto dei purganti
fu vietato nel 1969 dal cardinale Ursi, perchè “arbitrario,
superstizioso e pertanto inammissibile”. Ma ovviamente le devote napoletano
continuano a praticarlo, e ad accudire le pezzentelle e le altre anime
bisognose di essere refrescate da una preghiera. Come dar loro torto,
d’altra parte? Il Cimitero delle fontanelle resta così ancora frequentato, ma
la gran parte della sterminata città sotterranea è ancora inaccessibile al
pubblico. Ciò rappresenta sicuramente uno spreco di risorse, perchè essa può
costituire un prezioso patrimonio di rilevante interesse non solo culturale ma
anche turistico, che oltretutto abbonda
di quel prezioso, impalpabile e rigenerante materiale che è ahimé così
difficile rintracciare nella città di sopra, il silenzio.
Antonio Piedimonte
Il cimitero delle fontanelleil culto delle anime del purgatorio e il sottosuolo di napoli
Electa Napoli, euro 8,00
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