in una bella nota fulvio abbate contrapponeva la virile, leopardiana lucidità di lolli al floscio jovanottismo dei nostri tempi, e ricordava lo splendido disoccupate le strade dai sogni, esatta profezia di quello che ha fatto la politica in questi anni.
claudio lolli è stato in fondo, e suo malgrado, uno dei padri culturali della mia generazione e mio in particolare, così come mi sento legato allo spirito situazionista del ’77.
ho sempre rivendicato l’importanza culturale del rock, inteso nel senso più ampio, e comprensivo anche della canzone autoriale italiana. la musica rock è stata una delle grandi, profonde innovazioni linguistiche del secolo scorso, quella che ha più inciso sul piano sociale, grazie alla sua enorme diffusione. è stata l’unica cultura alternativa vincente, che non sia rimasta una confabulazione fra addetti ai lavori.
preceduta dal jazz, il blues, il rock’n roll, il country di dylan, e ovviamente beatles e rolling stones (se mi è permessa questa sintesi rozza a volo d'uccello) ha a mio avviso prodotto un'effettiva discontinuità, una reale mutazione percettiva (con pezzi fondamentali e seminali dei procol harum, i velvet undergound, hendrix, cream, robert wyatt), e ha probabilmente raggiunto il suo acme e la sua classicità col rock psichedelico e il progressive dei primi anni 70 - pink floyd, led zeppelin ecc, in italia area, napoli centrale e pfm, e tutto il seguito che vogliamo includere. a partire da un’innovazione tecnica – l’introduzione della batteria, della chitarra elettrica e dei sintetizzatori – il rock ha prodotto linguaggio, inaugurato territori psichici, estratto nuova materia emozionale. le sue scansioni ritmiche dure e battenti hanno forzato il corpo degli ascoltatori, hanno aperto nuove porte sinaptiche come voleva william blake, non per nulla ripreso prima da ginsberg e poi dai doors, e hanno permesso che vi defluissero altri segni, altre connessioni e articolazioni psico-fisiche. il rock ritrova il corpo dimenticato dal feticismo ideologico novecentesco, a partire dai suoi ritmi generatori, quello respiratorio e quello cardiaco, che a loro volta replicano quelli cosmici. la pulsazione di fondo dell’universo diventa prima danza e musica nella percussione afro, e poi veicolata dal primo jazz viene portata al rock che la elabora in forme più ampie e culturalmente complesse. nella musica colta l’origine, se vogliamo, è in beethoven – non per nulla mito dell’ultra-rock alex di kubrick – o in certo rossini, ma riannodati alla musica popolare, e arricchiti dal passaggio attraverso le avanguardie musicali e artistiche del primo novecento (in molti autori, come brian eno e frank zappa, questo legame è esplicito). attualmente, il rock sembrerebbe aver esaurito la sua funzione innovativa , e la ricerca più interessante oggi si svolge probabilmente in certe aree di confine fra jazz, sperimentalismo e musica etnica (il Golden standard è rappresentato forse dal programma Battiti di rai 3).
la musica cantautoriale italiana, per quanto spesso sottostimata (con poche eccezioni... es wim wenders che è un fan sfegatato di de andrè e david bowie che esalta lucio battisti) da una certa t/pendenza esterofila della critica, nasce naturalmente da
questa temperie e cultura - e in ciò si differenzia dalla canzone francese degli
anni 60 – ma italianamente la leviga e melodizza. è anche da dire
che la qualità dei testi degli italiani – siano le poesie musicate che sono
talvolta quelli di de andrè, guccini o de gregori, o le scritture da musica di
area, pfm, james senese – è mediamente assai più alta di quella dei testi anglo-sassoni,
persino del nobel dylan.
inserisco a questo punto una nota sul nobel a dylan –
contestato autorevolmente e fondatamente da veri
poeti come valerio magrelli. è indubbio quel che dice magrelli, un testo musicale
non è una poesia, perché è funzione della musica, perché trae la
sua forza dall’accentuazione melodica della parola, e perché di conseguenza,
preso in sé, veicola un contenuto poetico, concettuale, logico, immaginativo,
molto più povero.
ma ragionando con lo stesso rigore, è l’istituto del nobel
in sé che è insensato. una competizione fra prodotti artistici è come una
competizione fra preghiere, o fra forme
delle foglie di un albero. in un certo senso, anzi, si può dire che il valore profondo della poesia sia proprio questo, celebrare il mondo in quanto mondo, al di là della insipiente logica del quantitativo, e dell'esibizione narcissica del pene letterario, per citare gadda. il nobel ha un significato e un valore
esclusivamente sociale e politico, e in questo senso il premio a dylan è appunto
il giusto riconoscimento del valore sociale e politico che ho rivendicato
al rock.
un altro interessante fenomeno, tutto da indagare,
tipicamente cantautoriale, è quello che potremmo chiamare idiotismo fonetico, o autofonia,
o autologia fonetica. nel trapianto in un altro corpo le canzoni dei
cantautori subiscono sempre un degrado. questa dipendenza è segno dell’intima connessione
fra il loro corpo e i segni che emette, di un’integrazione e compatibilità molto profonda fra segno e
phoné, fra parola, suono e voce. nelle costruzioni più riuscite, quelle parole
sono fatte per modularsi in quella melodia, e quelle parole e quella melodia
sono fatte per essere vocalizzate da quel corpo. il segno sembra seguire un
percorso necessario e quasi fatale. questo
fenomeno, da cui può risultare una forza espressiva potenziata, non mi pare che
abbia precedenti né musicali né artistici in generale – per quanto non possiamo
sapere come bach o chopin si suonassero o magari
cantassero.
in realtà è stato forse proprio lolli che ha raggiunto il
miglior equilibrio – il suo equilibrio squilibrato e dissonante, ruvido, sporco,
stridente - fra qualità del testo cantautoriale e
struttura musicale, soprattutto in disoccupate le strade dai sogni, ma
anche nel più compiuto e espressivo ma meno elaborato musicalmente ho visto anche degli zingari felici.
non credo di esprimere una preferenza personale ponendo su
un piano inferiore le tradizionali ballate, pur talvolta intense e memorabili, dei lavori precedenti – in particolare l’aspettando godot con la famosa
copertina della 5000 lire. qui lolli effettivamente non va molto oltre (ovvero ci
va, ma poco) quel pessimismo adolescenziale con cui lo hanno da sempre bollato
e liquidato i detrattori. la speranza politica dischiusa dal movimento del 77,
ha invece fecondato quell’inquietudine amorfa, gli ha rivelato la radice e la
motivazione più profonda della sua insoddisfazione, e nello stesso tempo l’ha ossigenata, brillata, catalizzata, l’ha tradotta in
azione estetica e politica. la piazza – piazza maggiore – è diventata il
simbolo del convegno e l’intersezione di quelle speranze, attraversata da
figure vive e indimenticabili come l’anna di francia, o il ragazzo che scrive
sul muro. il suo intellettualismo, ha trovato problemi politici concreti e
urgenti a cui applicarsi, da cui sono scaturite acute analisi come quella
sulla socialdemocrazia, o apologhi perfetti come la morte della mosca. la sua passione inibita è stata re-suscitata
dalla condivisione degli ideali e l’entusiasmo collettivo della bologna di quegli
anni.
e quello che la città ha dato a lolli, lolli ha dato alla
città. versi come riprendiamoci la vita,
la terra, la luna e l’abbondanza – hanno migrato sui muri delle città e nei
cori che si alzavano dai cortei, allucinazioni cantate come incubo numero zero potranno essere
rilette in eterno come una perfetta descrizione della grottesca ambiguità del
potere (disoccupate le strade dai sogni/
e continuate a pagare l’affitto/ e
ogni carogna che abbia altri bisogni/dalla mia immensa bontà sia trafitto).
se dovessi indicare una triade dei cantautori che amo di
più, farei i nomi divaricati di de andré, di battisti e di lolli. de andré, pur avvalendosi di idee musicali e testuali
spesso non originali, al punto di essere stato accusato di essere un grande
plagiario, ha dato alla forma canzone italiana un’intensità a mio avviso
insuperata, ha stabilito dei punti fermi. valgano come esempio per tutti la guerra di piero o il testamento di tito. lucio battisti rappresenta
un tipo artistico molto differente, disimpegnato o inconferente sul piano
politico-sociale, spesso fin troppo orecchiabile tanto da risultare il più
commerciabile dei 3, ma la sua straordinaria capacità di plasmare i suoni del
mondo, di impastare in forme sonore ogni emozione, impressione e percezione, ha
prodotto degli oggetti sonori, dei manufatti melodici, che sono entrati a far
parte dell’immaginario di ciascuno di noi. escludo che i magrelli o i sanguineti e anche, se
lo avessero conosciuto, gli stockhausen, non abbiano mai virtualmente canticchiato
una canzone di battisti sotto la proverbiale doccia – così come strawinski, schonberg e edgar varese si dichiaravano onestamente ammiratori di puccini. se così come scorre
l’acqua dal doccino, scorre dal nostro corpo la sequenza melodico-verbale “mi
sono informato c’è un treno che parte alle 7.40”, dobbiamo ammettere che
quell’invenzione si è fatta linguaggio e cultura, è diventata nuova materia sonora – apparentemente
immateriale, in realtà adesa su un supporto fisico e consistente – si è
raggrumata in un nuovo simbolo emotivo, ha codificato un nuovo sentimento. in altri termini, bisogna ammettere che la melodia è la struttura musicale che racchiude maggiore quantità di informazione, e che a battisti per crearne bastava strofinare la lampada. il perenne stato di grazia inventiva di
battisti è riuscito a tradursi infine nella sua fase bianca in una forma elegante, seriale e matematica, profondamente
innovativa, grazie anche alla sinergia con i testi audaci e fosforici di
panella.
in lolli questa simbolizzazione è stata prodotta
indubbiamente in maniera più discontinua, ma probabilmente con una più alta
coscienza politica e estetica, anche nel raffronto con de andré, che in tal
senso si è discostato poco dai suoi modelli francesi, soprattutto brassens.
le paturnie di lolli sono state spesso anche paturnie
musicali, per non dire dei suoi problemi vocali che negli ultimi anni erano
diventati pregiudizievoli. ma quando
lolli si ricompone, trova quello che manca agli altri: la capacità di esprimere
in segni nuovi cose nuove, la poesia intrisa d’etica. tante disarmonie
lolliane, tanti anti-edonismi che alle prime non dico che mi irritavano, ma
incagliavano il flusso emotivo, alle seconde, alle terze ovvero alla lunga mi
restavano dentro con una presa tenace. c’è per esempio in alba meccanica a un certo punto questo verso: (la socialdemocrazia)
è la meccanica della tua morte
(refrain) / è la meccanica della/ tua morte della. sorvolando sulla
straordinaria audacia della metafora, quel rimbalzo finale della preposizione
mi era sembrato sempre un po’ forzato, un modo di far tornare i conti metrici e
nello stesso tempo di atteggiarsi a uno sperimentalismo un po' artificioso e datato. al punto che dentro di me
lo parodiavo: è la meccanica della /tua
mortadella. e invece ora, da qualche giorno, dopo averlo riascoltato, è
proprio quel verso sghembo, assurdo, scazonte, pendulo che mi martella insieme
al ricordo di claudio. c’è sempre un
momento e un ambiente in cui le disarmonie di lolli riconfluiscono, le dissonanze
consonano.
PS Battisti era fascista? No
PS Battisti era fascista? No
interessato come sono ai rapporti fra etica e cultura,
ovvero fra nuda vita e linguaggio, ho approfondito la questione. la risposta è no,
anzi si poteva considerare un liberale e libertario di sinistra, ma
disinteressato alla politica militante. la voce è nata dal fatto che erano
orientati a destra il padre e la famiglia, e dal suo disimpegno in un’epoca di
cantautorato militante. ma: 1) le sue rare dichiarazioni in merito e le testimonianze degli amici attendibili parlano
o di disimpegno (mogol e altri) o di liberalismo e voto, forse occasionale, al
partito radicale (lauzi). 2) soprattutto vale ciò che emerge dai suoi testi,
che seppure scritti da mogol e panella, erano concordati , selezionati,
suggeriti, talvolta integrati da battisti stesso (testimonianze varie, fra cui quella
del padre), tanto da esprimere inequivocabilmente una visione del mondo molto
coerente e definita, che è specifica del duo battisti-mogol, e non si
ritrova nei testi del solo mogol. questa visione è più vicina a un
libertarismo, ribellismo, egualitarismo, ecologismo, anticlericalismo e panteismo,
pacifismo, anti-ideologismo espressi in quegli anni dalla politica del partito
radicale (prima del viraggio a destra), che non a un’ideologia di destra. per
molti aspetti si avvicina anzi addirittura all’anarchismo. in gente per bene gente per male il
protagonista, respinto dai borghesi benpensanti a causa delle sue origini umili
(mio padre è guardia comunale/ mia madre
lavora in ospedale/per questo tu non sei a noi uguale) , rivendica i valori
dell’uguaglianza, della solidarietà, degli affetti, e infine si rifugia fra le
braccia di una prostituta, esattamente come un eroe di de andré. il sentimento
erotico e amoroso, fondante di tutta la visione battistiana, è espresso
diffusamente in termini anti-conformisti, spregiudicati, poligamici, radicalmente
anti-borghesi (come un’aquila può
diventare aquilone... ma frequentemente anche la donna rivendica il suo diritto all'indipendenza sessuale), fino a raggiungere punte estreme, mai toccate nemmeno
da scandalosi campioni della sinistra come pasolini o penna, ne Il salame, in cui si narra con partecipata
commozione, l’iniziazione sessuale di un
bambino di 5 anni (fra un anno io vado a
scuola) da parte di una donna matura, presumibilmente una prostituta brasiliana (...alzati in punta di piedi, appoggiati
contro di me.... urca guarda cosa c’è: il salame) – con una simbologia
piuttosto criptica, surreale e quasi iacovittiana, tipicamente mogoliana nel
linguaggio (abbondano altrove banane e
ortaggi vari oblunghi) . Anche l’ecologismo e il panteismo permeano tutti i
testi più famosi, e improntano peraltro le sue scelte di vita (giro d’italia a
cavallo, vita in campagna ecc.). certo
battisti era anche anti-ideologico, e insofferente quindi a molti –ismi di
sinistra di quegli anni, e sicuramente gli mancava il sacro fuoco dell’impegno
militante. ma è evidente che la sua vita e la sua opera esprimono una visione
assolutamente coerente con quella libertaria e progressista del rock di quegli
anni. e le musiche?... su quelle non ha senso fare analisi... è evidente che Lucio le trovava strofinando la lampada...
Nessun commento:
Posta un commento