si
può vivere solo nell’ottundimento
non
c’è via d’uscita
barcollo
(
la gita a castellammare e sorrento, XX anni fa, con mm e dino l. .... abolita...
abolita quella giornata, abolita quella luce
... ... non essere nell’essere, è il ricordo... l’infarto dei vasi che
portano il tempo... il rigurgito del tempo, non è che è normale... è un infarto
d’esistente... è un’interruzione d’essere,
di questa cosa che a stento eccede il non essere...... il come non è stato nel
come è stato.... è una cosa che lancina, che trafigge, che strazia, che
espande, che sormonta, che oltrepassa...)
noi
siamo una posizione, un punto di vista. è per questa ragione che se amiamo essenzialmente qualcuno, troviamo essenzialmente inutile spiegarci nelle parole, cambiare posto
nelle parole. l’amore valido è solo
quello della coincidenza.
io
mi avvicino a volte a me stesso... giungo a volte nei pressi di me stesso...
nella mia imminenza... ma poi sfumo, dileguo... oppure incontro un altro
strato, un altro involucro... io mi posso solo congetturare...
annusare... ma il naso, cos’era?
ascoltando
la musica barcollo... la musica mi fa barcollare.
anche
un pezzetto di bellezza che esce da una ragazza che passa mi fa barcollare... questo pezzetto fuoriesce dalla ragazza
e mi pefora... così che questo esistere che era già tutto consunto e
intenerito dalla musica ora è tutto bucherellato... e ci entrano ancora più
altri non ci sono che prima stavano fuori... per cui barcollo ancora di più,
però va bene così perché questo è il mondo...
per
me il mondo è una continua festa, la festa dell'essere prominente dal nulla
io
credo che dopo morti si va nel “linguaggio” - ovvero, scaricatosi il
corpo, si accede, si resta, nell'ignoto qualcosa che significa (non è escluso
che questo linguaggio funzioni come un’anima, e questo transito come una specie
di sopravvivenza. potrebbe darsi che insediati, persistendo, diffusi nel
linguaggio totale, continuiamo a toccare con i piedi del linguaggio la
materia... restiamo in qualche modo ubiqui, fluttuanti e immateriali... in che
senso saremmo ancora “noi”? se siamo entrati e usciti da un corpo, se abbiamo
percorso un corpo che ci ritagliava e identificava, in che senso siamo
identici? siamo L., siamo io? nel senso che si è aggiunto un nuovo nome, a
partire da un nuovo significato, a partire da un nuovo corpo, al mondo...)
questo
aggeggio in realtà privo di nome – perché pene o fallo sono troppo tecnici, non
derivano da alcun uso effettivo, cazzo e famiglia semantica sono troppo
connotati in senso fisiologico e poi dispregiativo, aggressivo ecc, sesso
o membro troppo generali – questa nuvola rosea di carne... alga nel fondo
del soma... turbolenza di luci sfocate... – ebbene secondo l’ipotesi
psicanalitica, con qualche ragione, ha un ruolo centrale, è una specie di perno
o propulsore psichico...
in
effetti questo nonsoché è un organismo dotato di una forza magica... pur
spenzolante, sgraziato e grinzoso, sgradevole, scomposto e respingente com’è,
ha una forza, ha il carisma... è sicuramente molto importante – porta
molti effetti... come il cuore, racchiude una possente forza propulsiva...
bevuta una pozione portentosa, se lo alimenta l’occhio con linee armoniche e
attrattive, o il tatto con levigatezze e sofficità, si trasmuta... è
metamorfico... ha il dono di non essere lui... si rovescia, si gonfia,
esplode,... è una folgore... tutto ciò lo rende simbolico, diventa simbolo del vitale...
esiste e non esiste, si sovverte, si contraddice... e dunque si fa
metalinguistico... non ha un nome perché non è una cosa.... potrebbe
avere solo un nome proprio... osvaldo, o un nome di cane, fuffy, rex, fido...
(affarecinese,
lo chiamano in sicilia...)
il
sapore della vita in bocca. assaporare ogni istante, ogni spazio con la sua
grana di signore che hanno fatto la spesa, di luce schiantata sul marciapiede,
di suoni mescolati di traffico... tutto è appena uscito dal guscio, e
luccica... e tutto è un esistito
nota:
esistito è da intendere in senso predicativo passivante
più che sostantivale
ma perché interromperci? non c'è già fin troppa pubblicità che arriva tronfia ad interromperci mentre vediamo un film in tv?
RispondiElimina: ))
un giorno mi ricordo che ero poco più d’un ragazzino e mi sono masturbato per la prima volta (era solo tardo pomeriggio, ma il mondo era già fin troppo pieno di linguaggio). ecco, in quel momento in qualche modo penso di essere stato esistito dal di fuori e dal di dentro nel contempo. ciò che ci manca potrebbe dunque essere la continuità, non l’interruzione. forse, se potessimo collegare il cervello e i nostri organi sessuali maschili e femminili ad un gruppo elettrogeno di continuità, le cose miracolosamente si sistemerebbero da sole al participio presente (grazie all’accorrente). se invece manca o scarseggia l’occorrente, non ci resta che surrogare il mondo con i simboli. ebbenesì, il simbolo è *l’arnese* che “esiste e non esiste, si sovverte, si contraddice... e dunque comprende il contraddirsi, esprime il non significare”. tutto dipende dal simbolo (dal suo potere evocativo che trascende il segno), difatti spaziando dal sex symbol al simbolo matematico, il linguaggio consta di elementi simbolici che incarnano (e rappresentano) concetti (parole) disposti secondo un ordine che ulteriormente ne determina e ridefinisce all’infinito il significato intersoggettivo. ma questa è un’altra storia e non vorrei sembrarti troppo serio.
: )
mi fa piacere che ti ho stimolato tutto questo pensare...e non hai torto, non siamo una pubblicità...no, non dovremmo interromperci... ma, per la cronaca, il concetto è leopardiano... lui dice, più elegantemente, che ogni felicità è intermissione dalla vita... nell'era degli spot io mi sono ridotto a questo brutto termine...
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