3-2-14, arrivo a boca chica
mi chiedo dove sono i vecchi dominicani e i giovani europei.
ci sono solo coppie di giovani dominicane e vecchi europei...
bayahibe
- dopo 10 minuti di conversazione: vuoi diventare la mia
novia (fidanzata)?- sì.
il tizio della policia nacional, mentre sta facendo una
multa, si fa 2 passi di merengue
lo spazio acustico del caribe è incessantemente pervaso di
musica - soprattutto merengue, salsa, bachata, o quella urbana, il dembow. la
vita qui funziona secondo una scansione ritmica, contrazione e rilascio, carico
e scarico, battere e levare. la vita è sentita come una pulsazione
comunque l’apparato acustico dell’altro non è considerato
uno spazio privato, tutta la notte impazzano motori, sirene di navi e treni,
musica, cani e dalle 4 in poi i galli combattenti. e farsi svegliare alle 3 di
notte dalla versione merengue di maldita primavera a manetta, è
un’esperienza che non raccomando a nessuno
come darwin alle galapagos, vengo alle antille per trovare
conferma alle mie teorie poligamiche, ma l’unica cosa che trovo è un puttanaio
a cielo aperto, una specie di stato d’appuntamento, o comunque di stato-hotel,
o di stato-paradiso fiscale, o di stato-casinò (controllati da camorra e 'ndrangheta) o di stato-musical
il merengue che permea tutta la quotidianità dominicana
esprime una semplice necessità fisica, non produce nessuna emozione o
percezione nuova, semplicemente scandisce la realtà, la asservisce a un
principio duale, la contrae e decontrae. il dominicano sente la vita solo in
questa pulsazione. riporta la realtà esterna, lo spazio aereo che permea la
realtà, al ritmo interno del corpo, al ritmo cardiaco e respiratorio.
gli unici che lavorano, nelle piantagioni di canna da
zucchero o nei tabacchifici, sono i negri
haitiani, che non per niente così si guadagnano il disprezzo generale
su google compaio dopo livio borro muentes
dopo 3 giorni di mezza finzione, di sospensione nel non detto, la serata di giovedì io e il mio amico ci guardiamo in faccia con le novie, e finalmente sappiamo che siamo noi 2 porci e loro 2 puttane
nel piccolo paese di guayamate la negoziante del colmado è
onesta, si fa pagare il pranzo 50 pesos (quasi 1 euro), e poi mi chiede un
regalo integrativo di altri 50 pesos. a bayahibe, nella zona turistica, la
novia mi dice che vuole fare l’amore con me perché le gusta (e, di fatto, le gusta), e che non vuole pesos. dopo poi
con vari pretesti me ne spilla 3000.
qui il sesso-natura predomina sul sesso-discorso
dell’occidente euro-americano. la carne
è percepita nella sua dimensione
naturale, in un’accezione lontanissima da quella paolina ( più che cristiana)
di carne come gravame, come pietra d’inciampo,
come fonte di peccato. ma proprio per
questo il corpo finisce per avere lo stesso statuto di una patata, e diventa
bene di consumo, e infine merce.
non esiste alcuna dimensione sacrale del corpo, tutto è
riportato al sensoriale
la perfetta mescolanza fra gene europeo e africano, e in
percentuale assai minore indigeno (i quasi estinti taino, gli arawak, i
caribi), come in tutta l’america latina e in brasile (e a differenza che nei
paesi di colonizzazione francese e anglo-sassone) ha prodotto una variante di
qualità della specie uomo, una razza pregiata. corpi elastici e scattanti,
incastri esatti di muscoli avvolti da pelli seriche e lucenti, aromatiche come
i frutti tropicali. al mercato, come ti giri ti appare una scultura di carne,
fianchi insellati e possenti, ma mai pesanti, braccia nude che a toccarle ti
sembra di sentire la levigatezza di una foglia e la tonicità e la consistenza
del caucciù
ancora vado soggetto a queste raffiche d’ormoni... in cui
una carne, la forma di una carne, il segno che configura una carne - penetrano
attraverso il foro delle pupille nel corpo, e generano una scossa violenta, uno
spasmo, uno scuotimento, una folata nel sangue...così incrociando quella
ragazza vicino al colmado...
infine però finisco per rimpiangere le mie frequentazioni
africane. lì i poveri sono poveri, le puttane puttane, e anche la natura, in
qualche modo, è restata natura, o almeno sembra averne più l’intenzione
una certa ambiguità mi sembra intorbidare il fondo di tutti
gli atti sociali e politici... mi viene in mente balaguer, letterato e
presidente fantoccio creato dal dittatore trujillo, che poi diventò il campione
della democrazia e il più amato presidente... e non scriveva nemmeno male...
a santo domingo, gli aspetti positivi (il merengue ecc.)
sono aspetti che non mi interessano, e gli aspetti negativi (le puttane ecc. )
nemmeno
cos’è l’uomo? l’uomo è una cosa fra la carta e la penna. si
definisce quando la penna tocca la carta, quando pure questa penna sia fatta di
emissioni della glottide e questa carta di nevroglia mielinica
il futuro è più da queste parti che dalle nostre parti. ma
il futuro è una cosa che non è più un granché, mi sembra ormai diventato solo
un’improbabile supplemento del presente, un presente dietro l’angolo, o una
figura retorica da riempire di contenuti a piacere... non è più un valore, non
è più una fede... il futuro non è più immaginato, è calcolato, è temuto, più
che sognato e desiderato è macinato e ingurgitato...accade e consegue
meccanicamente ... così il futuro che vedo qua, è il futuro dove ci si ammassa,
dove si sopravvive...
dio aveva infinite
case, e ogni istante ne abitava una. quella sera passò per una puttana negra,
con la gonna corta, in piedi sul lungomare
viaggiare per me significa che l’inerzia, invece di farla
stare ferma, la porto in giro
all’aeroporto vedo sempre 2-3- donne della mia vita
appena sbarcato a parigi, la sensazione di essere tornato
nell’occidente malato, corpi sopravvissuti a forza d’antibiotici, informi,
ingrigiti, flaccidi... silhouettes improbabili, di una razza artificiale... non
è naturale che il culo di questa avanti a me nella fila se ne scenda come il
moccio di una candela, formi questa strana curva del pantalone... non mi pare
sano nemmeno questo naso, troppo accidentato, non va da un punto all’altro,
quelle deviazioni non si sa a che servono....per non dire del colore stinto e
grigiastro, dell’idea di vecchio panno della pelle... il bianco è un mutante depigmentato e degenerato
del nero, adattatosi ai nostri climi grazie alle tecnologie abitative e vestiarie
e alla domesticazione del fuoco...
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