Elia, Louvenia, bas
Si dice
che quando i q…u avevano gli occhi, la vita era più vera. Si dice che
c’era
l’azzurro… era una miscela di campi tensoriali, matrici e fotoni, che produceva
un
sentimento distinto di isotropia e levigatezza… c’era la terra… c’era
un’altra
lingua. Certo coll’averna-sensor (o owl-eye) percepisci molto di più
che con
gli occhi, se non li avessi non vedresti le volizioni, o i banana-data del
cielo, o
il futurione nei fatti, insomma cose senza cui ora non ci adatteremmo
più a vivere.
Doveva
essere havaltico, si diceva Gkino, quello di cui dice Bl, un tramonto
rutilante
in cui il sole sia sferico, il cielo un piano cromotropo e olomorfo,
sparpagliato
di
chiazze che sprofondano vertiginosamente da una stringa a un’altra,
discontinue,
linguistiche – anche se tutto infine era nulla… un’abitudine…
un
meccanismo che ha fatto il suo tempo.
Gkino
stava seduta a cosce larghe sul filo della scogliera del gas, in un angolo
straordinariamente
spopolato: gas a perdita d’occhio, che mandava un odore
svampito
di metano giallo, che ribolliva un po’ ogni tanto, mentre lei, col membro
eretto,
si avvolgeva in un creik. Si girò e si allontanò, lasciando in quel
punto la
tipica doppia macchia di lacrime e seme.
Entrò
nel campo di Bas, e lui la catturò.
- Mi
vuoi spegnere, Bas?
- Se
vuoi… ma ti ho spenta poco fa
- Mi
piace spegnermi… e tu mi annoi
- Ti
annoio… e che è la noia? già, quella cosa del tempo, dell’insignificanza…
tu
ancora ci credi…
Gkino
era levigata e dura, e disattivando il sensore sembrava la notte di
michelangelo,
tornita,
turgida, colle mammelle e il sesso sempre pompati, e il
corpo
lucido protetto solo termicamente dalla maglia agluica. Ma se sentivi di
LIVIO
BORRIELLO
nuovo,
era tutto un protuberare e stingersi, involucri che si spappolavano, e si
integrava
nelle contiguità della matrice aion-chronos. Bas prese un bheda e
la
spense, cercando una frase a effetto, qualcosa che incrementasse il gesto.
Ma non
gli venne altro da dire che: Lo voglio. Tutti volevano tutto, di questi
tempi. I
servi e i padroni, gli zoonti e gli ifmail, gli ifmeat, e i cavalli, e persino
gli
algoritti e i prevaricanti. Era tutta una melassa, una colatura di intenzioni e
d’amore.
Gkino sentì il bheda spezzarla, invaderla, e le sue funzioni annichilirsi.
Fu un
istante, quello di un impercettibile passaggio, e cercò di cavarne
qualche
pensiero, di isolarlo dallo sfondo.
Tacque…
non c’era. Palpeggiò, brancicò, brancolò per un po’ nella morte,
compiaciuta…
poi restò ferma. Dopo un lungo tempo, ½ p-x, Elia cominciò a
riattivarla.
Era seccante e dispendiosa, l’operazione. Solita delusione. Aveva
aperto
il campo, ma pochi avevano avuto qualcosa da dire, anche perché era
una
giornata di raffica lixica, e tutti ne avevano approfittato per ammassarsi.
D’altronde,
per tutta la giornata del ripristino, Gkino riusciva a percepire il
mondo
con un senso di novità rigenerante, ad accorgersene.
–
Andiamo pure noi ad ammassarci – propose a Bas.
Indossarono
dei tubi d’aria più grandi, perchè per arrivare al cratere si doveva
attraversare
con la vecchi Bianchina lo Scirocco6, dove in questa cronofase
volavano
miliardi di ecatomosche. Si facevano largo nella nube densa e
tremolante
che mandava in crash tutti i sensori, e diffondeva miasmi squassanti.
Un
gruppo di ecatomosche riuscì a infilarsi per convezione nel tubo,
producendo
quel tipico fastidio detto del moschino nella scarpa. All’ammasso
c’era
molta gente, già a un buon grado di fermentazione. Qualche migliaio di
q…u
tutti col campo aperto, colle maglie agluiche nei server, muniti solo del
casco di
lattice infilato in trachea, che si beavano della reciproca materialità.
Sembravano
olive ammucchiate, triglie stratificate, sedimi depositati. Prima
di
inserirsi bisognava disattivare i sensori disedonici, sottoporsi alla DDT –
disintegrazione
disettica tombale – e a una pesante copertura antirigetto e
antiantica,
e poi via nel cratere. Pelle a pelle con tutti, scorrendo uno sull’altro,
godevano
della sospensione del discontinuo, e annullata ogni individualità,
dell’estasi
dell’inorganico. Tutti avevano ingurgitato in abbondanza liquidi e
solidi
primordiali, orecchiette coi broccoli, vino, pesci, bucce di archeofrutti,
frattaglie
umane e bestiali putride, e ora se le espellevano uno sull’altro, succhiandole
avidamente,
rivomitandole e leccandole di nuovo. Gli ani roboavano
in un
fragore apocalittico, i liquidi acidi gorgogliavano generosamente dai me-
ESERCIZI
PER ACCORGERSI DEL MONDO
ati, e
in una perfetta armonia ciclica ogni piacere deiettivo dell’uno diventava
piacere
introiettivo dell’altro. Gkino e Bas preferivano quel vecchio cratere
fondamentalista
in cui erano bandite e disdegnate le fluorescenze fecali tanto
di moda,
e la pasta cloacale aveva la consistenza putrida e i colori novembrini
che solo
i veri coprologhi sanno apprezzare. La grassezza fluida dei materiali
permetteva
di scivolare senza attrito, di sgusciare in ogni anfratto di carni – le
carni
eterne, immarcescibili – in una felicità da lombrichi e da batteri. In una
sola
convention Gkino era capace di introdurre e far ricircolare 6-7 intere colonne
fecali,
in parte ributtarle, in parte digerirle, e riespellerle festosamente
a beneficio
dei suoi simili. Ma se gli escrementi prevalevano quantitavamente
nella
miscela, erano ammessi nell’ammasso: sperma, liquori, sangue, saliva,
lacrime,
parole, volizioni e sentimenti.
Era in
una simile intimità e infimità che era possibile ristabilire autentici rapporti
sociali,
fare conoscenza con potenti e mediatici i cui insigni ani si potevano
riconoscere
con gioia e eccitazione a un palmo dal naso, distinti in genere
nella
nube carnosa dalla loro maggiore potenza e bianchezza, e talvolta
imbattersi
persino in qualche rara scifter d’ovuli. Da tempo ormai la sessualità
di tipo
arcaico era stata azzerata dalla visibilità somatica e dalla fine dei divieti,
ed era
stata surrogata da un celibe ipergonadismo regolato interamente
da
impulsi sincretici e ricombinanti sintetici, che però solo eccezionalmente
era
fertile. Le nascite naturali costituivano avvenimenti eccezionali, circondati
sempre
da quell’aura di numinosità e terrore che incutono tutti gli eventi
primordiali
e violenti, e i pochi nati naturali, se da una parte godevano di una
popolarità
planetaria e di numerosi privilegi regali, dall’altra erano braccati dai
gastreodi,
perchè considerati più appetitosi, e vivevano nel terrore di essere
divorati.
D’altronde, non c’era vera differenza fra i replicanti, come gli ifmeat,
e gli
antrophus: se la carne riprodotta era carne sentiva e agiva come una
carne.
La differenza era solo estetica (valoriale)… o di qualità, ma a vantaggio
degli
ifmeat… l’anima, negli uomini, consisteva infine in una vena di idiozia,
in certe
riottosità, in certe angosce… in certe inclusioni di nulla nella sostanza
fisica
integra.
Ad ogni
modo anche Gkino e Bas si erano conosciuti lì al cratere.
Dopo
qualche ora rifecero il DDT e tornarono fuori, inebriati da un rigenerante,
convincente
e produttivo senso di schifo. Era una cosa che li faceva sentire
prossimi
a se stessi. Dopo non se ne parlava, ma si recuperavano i contatti
stabiliti
e si risocializzava.
Subito
dopo seguiva l’Equalizzazione, i primordiali, che avevano optato per la
LIVIO
BORRIELLO
Legge
della forza, erano mandati nudi e a mani nude in una gabbia di tigri, ad
espiarsi.
- Vuoi
venire alla scogliera di segni – chiese Gkino – Ci sono stato oggi. È
bello.
Tornarono
insieme a guardare il gas.
- Domani
debbo rifarmi le leggi – disse Gkino – È un groviglio inestricabile,
ora le
vecchie confliggono con 6-7 bande.
- La
legge è uguale per tutti – osservò Bas.
- Già… è
come la morte… o come la stupidità.
Il senso
dello spazio che si godeva ora dalla scogliera era illusorio, sotto il
gas
c’erano 600 miliardi di q…u. E la scogliera libera su cui poggiavano era
virtuale,
bisognava prenotarla con mesi di anticipo. Figuriamoci, per avere uno
spazio
come quello, servivano ben altro dei loro quattro crediti mediatici. La
situazione
era quella da quando si era sgonfiato l’assurdo bleff dell’esplorazione
spaziale,
e non sarebbe cambiata. Da che si era capito che nello spazio
non
c’era senso, anche se ci potevi portare l’ossigeno.
Girovagarono
fino al Fiore, enorme, smagliante, vellutato, umido e ondulato, a
pieghe e
pliche, sensuoso e ammaliante come un’antica donna. Incisa con un
vecchio
laser artigianale su una pietra, sotto la teca, c’era una scritta: AFAIS
– che
non si sa che significava, era una delle vestigia sparpagliate qua e là,
tutte
protette da sequenze fulminanti. Gkino e Bas guardarono dentro di sé, e
videro
dio, come un verme, imbozzolato nel linguaggio, che si torse pigramente
per un
istante, e poi tornò immobile.
niente male. mi verrebbe da esclamare: bheda!, sei sulla giusta arafai ("strada" in Hyronico antico).
RispondiEliminaok...ma che sia proprio quella, la mia arafai, ho seri dubbi...
RispondiEliminabeh, sono contento che tu abbia smentito alcune tue forse affettate dichiarazioni tornando al genuino roboare d'ani di questo raccontino per così dire tradizionale.
RispondiElimina: )))
m'è proprio piaciuto: gran bel protuberarsi ammassato di parole (eh, calzante l'idea delle parole in coda ai liquidi organici "sperma, liquori, sangue, saliva, lacrime"). e confesso che se tu non avessi accennato in incipit alle frattaglie elettive *aderenziali* post-chirurgiche, avrei giurato che l'occasione fosse piuttosto quella del make-up trasgressivo di kasia snutniak a cena all'eataly di roma con domenico profacci...
notevoli le invenzioni (organiche, inorganiche e disorganiche) disseminate un po' ovunque a far da contrappunto all'appariscenza esatta (che è legge uguale per tutti) nonché a smascherare l’immoto rapimento mistico di ani a un palmo dal naso (della serie, quando l'estasi è stasi, eheheh).
insomma, sarà che hai somatizzato in modo liturgido il senso di schifo, ma la messa all’ammasso è ben resa. addirittura incondizionata, direi.
: )
malos cogli bene alcuni punti chiave del raccontino... voglio precisare che la scena dell'ammasso, oltre a metaforizzare alcuni aspetti della politica attuale, è stata scritta pensando in qualche modo a facebook... con ciò non voglio demonizzare questo canale di comunicazione, che è certo potente e utilizzabile positivamente (io non lo faccio..) ...ma additarne magari alcuni aspetti, o alcuni rischi...
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