sabato 1 dicembre 2018

gadda, lo scrittore performante

gadda è probabilmente il maggior scrittore italiano, e questo è il suo limite. è lo scrittore più performante, il fenomeno, il tarzan o il ronaldo dell’espressività. 
non c’è mai in gadda quella povertà in cui può scintillare per un istante l’essenza stupefacente del mondo, né quel delirio in cui il mondo appare per un istante gratuito e atroce (immondo atroce assurdo – celine) com’è, e non per come è scritto. difetta intimamente di queste due qualità intime della poesia, la povertà e il delirio. in gadda tutto è ricco, addobbato, e imbandito – anzi ne avanza qua e là un po’ di carità per i poveri di spirito.

certo anche quella di gadda è poesia, ma è poesia del grasso, della quantità, della congestione, e infine poesia agonistica e feticistica,
poesia “per la ricchezza e per la fama”, anche se non ha procurato all’autore né l’una né l’altra, se non fra gli addetti ai lavori altrettanto agonisticamente motivati (spesso critici arrivisti, o al contrario  scrittori esecutivi e burocrati della parola... certo, anche contini e altra gente irreprensibile, ma probabilmente perché presi per la gola dalle suo ghiottonerie lessicali, che hanno impedito un giudizio spassionato).

dietro l’invenzione “geniale”, dietro la complicazione ludica (il rompicapo di linguaggio prodotto al solo scopo di risolverlo) la lingua di gadda è piatta, è referenziale. nessuna parola di gadda sta per altro che per il suo significato. se con merleau ponty definiamo l’immaginario come il sottile strato di impensato fra il pensiero e ciò che esso pensa, in gadda sulla pagina resta sempre infallibilmente (anche nel senso positivo del termine) ciò che il pensiero ha pensato. 

il simpatico ingravallo potrebbe pari pari figurare fra i personaggi di Un posto al sole, o della serie di Nonno Libero, con la sua spassosa idea dello “gliuommero”, e cioè di un mondo complicato ma non complesso, un mondo scomponibile e esauribile all’analisi. come commissario, non pare avere più spessore e tridimensionalità di ginko, che era sostanzialmente il marito di altea. nel caso migliore, La cognizione del dolore, troviamo esattamente e magistralmente espressa l’ottocentesca analisi psicologica di un carattere, di un’interiorità.  un “monstrum” linguistico, un grandioso e ipercromico arazzo come il Pasticciaccio, ci lascia nel mondo esattamente nella posizione in cui ci aveva trovati, non ci fa procedere o ruotare nel reale, non lavora come ogni gesto estetico autentico sulle percezioni preliminari, sui meccanismi di elaborazione dei dati formali che decidono del risultato estetico, non produce una diversa esperienza e visione del mondo, diversa perché originata da un corpo unico e insostituibile,  perché gadda non scrive col proprio corpo, nel proprio corpo, ma lavora sullo spartito, o sullo strumento. gadda trascrive complessamente un mondo percepito semplice, o complicato per addizione di percezioni semplici. ma tutto ciò che un corpo riesce a “dire” – ad aggiungere al mondo – è ciò che percepisce, in quanto opaca, flagrante e irriducibile presenza.

 
landolfi e gadda
landolfi stende un testo di pretto vocabolario (la passeggiata) risultando incomprensibile, gadda reinventa le parole, e si fa capire… apparentemente doppia colpa di L., ortodosso e pigro… ma infine landolfi lo fa per gioco, o per dirci la verità vertiginosa che la comunicazione fra i corpi che siamo, fra le isole percettive che siamo, è illusoria? gadda invece riferisce a un plot di tipo giallo… certo il mistero è che quelle vicende accadano, si potrebbe obiettare, ma allora qual’è la differenza con le serie di NCIS o con Chi l’ha visto? la lingua. ma allora che funzione ha quella lingua? addobba, decora, agghinda, guarnisce un impianto estetico ordinario, come il burro spalmato sulla tartina? tutta quella profusione verbale, tutta quella vulcanicità in gadda, non è mai una questione di vita o di morte, sono tutte parole, viene il sospetto, giocate non per sfidare l’Iddio o l’assoluto (come è una scommessa e una puntata ognuna del giocatore landolfi) ma per intrattenere, o confezionare. gadda ancor più che cartaceo, è incartaceo.


P.S. se la glorificazione di gadda non la condivido, quella di camilleri naturalmente mi preoccupa. ottima persona, queste valutazioni sono inutili se non snobistiche, sostanzialmente la gente ha tutto il diritto di amare camilleri... certo... ma che l'imitazione anodina di gadda sia scambiata per letteratura, un po' come giovanni allevi viene scambiato per keith jarrett, mi sembra un indizio generale del degrado, l'affioramento in superficie, la riduzione alla maniera e allo stilema, di quel vitale strumento di comprensione e compenetrazione del mondo che è la cultura, e questo è un problema serio.  

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