venerdì 6 giugno 2014

qualche scritta su van gogh - la giallezza

van gogh: l’etica protestante abbacinata dalla luce. la bellezza che coincide con l'etica. la realtà consistente fratta e sfasciata nella sua essenza dalla luce. la solarità di van gogh – la giallezza – come essenzialità della luce. la luce è sentita come l’elemento che apre, che estrae, che espelle – che produce - la realtà.
(col suicidio, è stata la stessa mano che dipingeva, identificata con la luce, che ha interrotto la psiche, ha lasciato il corpo esposto – lo ha lasciato terra, reale)
a van gogh interessa l’esser-cosa della cosa, ma per comprenderlo, per isolarlo, per portarlo nella scatola cranica, attraverso l’occhio e il neurone, di chi guarda – per produrne la visibilità – deve agitare la realtà, deve farla turbinare. i contorni in v.g. hanno spasmi e convulsioni, i colori fibrillano, irradiano, bruciano.
la turbolenza e il dinamismo delle pennellate di van gogh. la realtà resta nei contorni, ne eccede, se ne sversa il colore – un colore rovente, incadescente, ustorio.



nei pittori meridionali, la luce è un presupposto. in van gogh, il sole è dipinto nella sua essenza (vedi anche Heidegger - sulle scarpe di v.g in cui si manifesta la verità del loro esser-mezzo, e lacan, che considerava la pittura di v.g. fra le più prossime alla vertigine della Cosa)

 v.g. dipingeva rigorosamente dal vero, e disprezzava chi dipingeva  “a memoria”, per astrazione. l’oscurità, la greve pasta di luce dei mangiatori di patate, si  risolve e spiega ad arles nella luce. la frattura scinde il suo corpo, lo rende folle (ma la sua follia resta etica, v.g. impazzisce giustamente).

 
(il suo corpo allegro diventa progressivamente più triste, inversamente alla sua tela. la luce abbandona il corpo, e resta intrappolata nella tela)









dalle lettere, emerge un v.g. che pecca più per eccesso di assennatezza che di dissennatezza. si può ipotizzare che lo abbia "suicidato" l'etica protestante? d'altra parte, anche il suicidio di v.g. è etico, cede il suo posto nel mondo al figlio di theo, non vuole ancora pesare sulle finanze del fratello che sta creando una famiglia (ma theo a sua volta impazzirà e morirà in pochi mesi...bel groviglio di fatalità).
ad ogni modo il suo realismo e l'etica protestante devono essere assolutamente centrali, imprescindibili, decisivi in ogni interpretazione del suo lavoro. v.g. vuole ricreare sulla tela "l'atmosfera del lunedì mattina", e questo cos'altro significa se non far coincidere la bellezza con l' etica del lavoro?
 
l’orecchio di v.g., finito in mano a una prostituta di arles. v.g., in parte seppellito nella tomba, in parte nella mano della prostituta, in un altro luogo. v. g. si è fatto a pezzi. in un certo senso lo ha reciso la luce. la luce di arles ha scisso, ferito, sbranato, scontornato, sconfinato il suo corpo – cioè la realtà. il corpo come unica realtà, la realtà come un’estensione del corpo, la discontinuità della pelle, e di un organo sensore della realtà, interrotta dalla lama. l’orecchio doveva restare nelle mani della prostituta, di colei che vende il proprio corpo, di colei che non lo possiede più.


la turbolenza e il dinamismo delle pennellate di van gogh. la realtà resta nei contorni, ne eccede, se ne sversa il colore – un colore rovente, incadescente, ustorio.

 (col suicidio, è stata la stessa mano che dipingeva, identificata con la luce, che ha interrotto la psiche, ha lasciato il corpo esposto – lo ha lasciato terra, reale)








noi ci occupiamo di v.g. perchè dopo la morte gli è stato attribuito un certo status di genio .... ma come fu casuale e ingiusto il suo insuccesso, è casuale e ingiusto il suo successo postumo... . il suicidio di v.g. esprime appunto esattamente questa assurdità , e l'arbitrtarietà delle nostre attribuzioni... quelle per cui oggi il ritratto di gachet vale 140 milioni, e la catasta di tele nel suo atelier, totalmente invenduta nonostante un fratello mercante d'arte, schifata anche dai ladri, assommerebbero a svariati miliardi...v.g. era giusto, il mondo è folle...








 

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