effettivamente il mondo è finito
l'uomo propriamente uomo è una
creatura lesa, fallata... è un animale che ha perso la sua integrità biologica.
attraverso le crepe penetrano in lui i succhi colorati del mondo, la scienza
del tempo, la paura, quel tossico senza antidoti che è l'infinito... il suo
desiderio assorbe ogni vuoto del mondo, lo rende smanioso, furioso, malsano...
il mondo lo impregna e pian piano lo infradicia.
l’uomo è l’animale fallito, l’animale che non è riuscito a vivere "in pienezza", a dominare pienamente l’ambiente con la propria scarsa munizione naturale, e si è inventato quest’altro artiglio, zampa, fauce: la parola – da cui il pensiero, la cultura, la tecnica. il vero uomo è
il gobbo leopardi, il vecchio e mite einstein, il basso, flaccido, sdentato e per finire ipopenico (ma iperarmato) bonaparte...ma anche usain bolt, inseguito da un
leone, ci sembrerebbe arrancare come un penoso coniglio.
questo verme spelato, questa scimmia
anchilosata, quest’unghia di dinosauro si dotò di un’appendice invisibile e
quasi incorporea, incredibilmente prensile, dalla gittata portentosa,
leggerissima ma indistruttibile, inavvertibile ma possente: il suono impresso e
articolato nell’aria dalla glottide – con cui riuscì a fare un macello del
mondo. siamo animali d’aria, deità dell’aria, creature a metà animali e per la
metà vincente eoliche.
siamo però forse giunti alla soglia
di saturazione del fallimento: troppi falliti, troppi intellettuali, troppa
virtualità... il fallito può vincere o sopravvivere finché gli altri non
scoprono il trucco, o finché ci sono animali che danno corpo alla sua macchina.
non c’è più spazio, l’implosione è vicina, i maya avevano ragione: il mondo è finito,
è restata solo la sua immagine, il suo scheletro d’aria, e noi siamo tutti
ectoplasmi esangui e pallidi che si aggirano insensatamente nella loro
fumisteria.
il cosmo è la mia stanza
io sono gettato nell’abisso
dello spazio e del tempo. galleggio nel vuoto, sprofondo da abisso a abisso. sono disperato e, quando
posso, freddo, ma non c’è scampo. non c’è nulla cui aggrapparmi, se non altro
vuoto, altro abisso. dio mi ha scaraventato in questo nulla interminabile, e ne
ha colpa. il cosmo immenso è la mia stanza. il mio corpo si va putrefacendo, e
infine sarà pace.
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