ieri ho ascoltato le splendide poesie di mariangela
gualtieri nel recital Il quotidiano
innamoramento, in live streaming... siete in tempo mi pare per gli ultimi 2
spettacoli e ve li consiglio. mariangela è erede diretta delle grandi mistiche medievali,
vibra le parole con la stessa intensità e violenza, cerca di attraversarle,
trasgredirle, scatenarle con la stessa furia cieca e slancio, brucia della
stessa fiamma bianca e azzurra, quella degli elementi chimici nobili e delle
stelle a combustione elevata.
si ristabilisce poi nel mondo cercando e trovando quella che chiamiamo poesia, il piccolo prodigio delle parole che si accordano ai ritmi cosmici, alla pulsazione profonda e al respiro delle cose.
ma, vissuta dopo baudelaire e rimbaud, riesce a estrarre poesia, fulgore, meraviglia, preghiera da ogni spigolo e grammo della realtà. bellissima l’esortazione ai morti, ai cadaveri, con cui apre lo spettacolo, paradossale esortazione a vivere, percorrere la morte in fondo fino al punto in cui cessa di essere morte, sbocca nel non-linguistico e dunque non è più, non è più ferma, conchiusa, tetra, non è più definibile, non è più disperata. bellissima la descrizione del bambino che si sveglia con “tracce di paradiso sul volto”, e poi in cucina,
nel quotidiano più dimesso, sfolgora come un santo prossimo e consueto... mariangela conclude chiedendo perdono per la sua disattenzione al mondo... prima di doverne chiedere perdono anche noi, evitiamo almeno la disattenzione alla poesia...
https://www.vivaticket.com/.../il-quotidiano.../154632...
incollo una nota scritta per mariangela alcuni anni fa, in occasione di un incontro organizzato da adelelmo ruggieri che si chiamava La natura dei poeti.
Una volta ero piccola, ero senza parole. Ero piccola e
senza parole. Una volta ero molto leggera, pesavo
pochi chili. Una volta c’erano solo tre o quattro chili
di me, solo pochi chili di me, solo pochi chili avevano
il mio nome.
C
Cche Mariangela Gualtieri se
la ripeta 7 volte questa cosa, che una volta era piccola e pesava pochi chili,
è segno certo che non ci crede. Se la ripete
sperando che diventi vera. A volte il sistema funziona,
ed è così che è nata la poesia, ripetendo 100
volte il nome della pioggia per far piovere.
La sua frase sembra quasi che
tremi, che abbia una sintassi tremolante. E’ perché avverte il brivido
della provvisorietà, perchè si sente sospesa sul filo sottilissimo
del divenire.
Una volta era piccola e
pesava pochi chili. Da dove sono venuti gli altri chili? Perché hanno il suo
nome? Non erano una volta
terra e frutto della terra, animale animato o vegetale? Non erano poi
chili di un tempo diverso, tutt’un altro
tempo, tutt’un altro universo? Noi infiliamo in un nome tutte
queste cose disparate, e poi lo usiamo pure,
questo nome, come se nulla fosse, e poi ci giriamo
pure se qualcuno pronuncia
quel nome.
faccio seguire la versione estesa di quella nota:
Il fatto che chi si chiama ora
Mariangela Gualtieri ripeta sette volte che una volta era piccola e
pesava pochi chili, significa evidentemente
che costei sa perfettamente che non era lei ad essere
piccola e pesare pochi chili.
Se lo ripete sperando che così
diventi vero, ma non è vero. A volte il sistema funziona, ed è così
che è nata la poesia, ripetendo 100 volte il
nome della pioggia per fare arrivare la pioggia, o
imprimendo una pulsazione
ritmica a un auspicio terapeutico, per scacciare la malattia.
Il fatto che questa si
ripeta sette volte questa cosa, significa pure che sa benissimo che non
esiste nemmeno ora, che da un momento
all’altro sarà sostituita da un’estranea, da un angelo
inviato da dio, che si spaccerà per ciò che
era. Questa è la nostra vicenda, questo l’avvicendamento
interminale che chiamiamo identità, dalla
molecola al primo sguardo fra i due genitori all’ovulo
alla bambina alla poetante alla penultima
forma dell’angelo.
Una volta era piccola e
pesava pochi chili. Da dove sono venuti gli altri chili? Chi sono? Perché
questi altri chili, che sono venuti, – e che ora parlano – li chiamiamo nello
stesso modo, ed anzi
rispondono pure?
Non erano terra, e frutto della terra, e
animale che mangia il frutto, non dovremmo chiamarli terra
frutto
e animale? Non erano poi chili di un tempo diverso, tutt’un altro universo,
tutt’un altro posto?
Noi
infiliamo in un nome tutte queste cose disparate, e poi lo scriviamo pure, e
poi lo usiamo pure.
E
tuttavia a volte restiamo di fronte a tutte queste cose, e sappiamo, e vediamo,
o solo presagiamo
e
supponiamo, che sono altre cose.
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