la colombia è un posto dove uno dovrebbe aver vissuto senza
sapere che poi se ne sarebbe ricordato
luoghi della
mescolanza
come il mare e i fiumi dall’acqua pesante e limacciosa, in
colombia tutto è mescolato. la cultura ispano-europea e quelle indigene e
africane impastate già geneticamente, creando un nuova sostanza diffusa
di carne, qui più tipicamente che nel resto del caribe, in particolare quello francese e inglese che le ha tenute separate.
in garcia marquez non c’è soluzione di continuità fra il regno animale, umano, demonico-religioso e fisico-biologico (fra il linguistico e l’inorganico).
l’universo di pazzi, tragedie, fatalità e magia di garcia
marquez...
sierva maria de todos los angeles è una bestia, una belva
delicata e irreale, un’iguana dalla criniera fiammeggiante e un uccello irreale, ma insieme una piena rappresentante
dell’umano, figlia di un marchese creolo e dunque più umana degli umani. è un
concetto tradotto in un’immagine, in un’immagine linguistica e cioè un
personaggio.
nei libri di garcia marquez, già nei titoli, c’è sempre un
riferimento alla morte o a qualche sua metafora, la malattia o l’oscurità. una
letteratura del caribe può essere trovata solo nelle sue ombre, negli
interstizi, dove la luce abbagliante e brutale arriva filtrata, aranciata,
memoria della luce, digestione della luce, luce assimilabile.
con la mia competenza sul tema, potrei risalire ai caratteri
di una civiltà dai glutei delle donne. quello del caribe colombiano è
eccellente, ma è in realtà un gluteo negro disossato, che ha perso tenuta, che
qua e là sbanda, e nei casi limite si spancia o accascia. la tunica epidermica
è più vellutata e morbida di quella a tamburo delle nere. così il caribico
colombiano ha costruito una cultura cedevole, morbida. in colombia ogni taglio, ogni spigolo è
ammorbidito.
la mia vicina lilli ha la dolcezza primitiva
dell’animale
la legge, in tutto il caribe, è un pro-memoria, un comodo
elenco di consigli e raccomandazioni che non opprime, ma si limita a indirizzare, senza deformare i
nostri desideri e i nostri atti. la cosa ha i suoi inconvenienti, ma è sempre
meglio che in italia, dove si vogliono innestare le regole europee su un
sistema che ha un’efficienza africana – burocrazia ue in carne africana
sulla strada di pasacabalho il bus scamazza un’iguana di 2
metri come fosse un gatto
banconote stropicciate, sbiadite, battute. i soldi dei paesi poveri sono sempre poveri.
questo è il mondo, la signora si mangia la frittella, io
sono ininterrottamente in questo mondo, finché regge un equilibrio fra roba -
aria, pezzi organici, pulsazioni – che entra e esce da me. io stesso entro e
esco da me.
secondo il tassista di cartagena des indias al governo ci sono
paramilitari ex guerriglieri, e il presidente santos si dovrebbe chiamare
diablos...ma qui sembra che giudici e giudicati sono tutti intercambiabili
irruzioni di straordinario nell’ordinario:
le irruzioni di motorini, e ancor peggio di acqua-scooter
che invadono le costa, mi piacciono
assai meno:
noi viviamo nel solco degli uomini, nel linguaggio
sovrimpressa sul vetro del pullman, la virgen de la
candelaria galleggia per tutto il viaggio sui
paesaggi di acquitrini e raffinerie
entrando nel mega-centro commerciale svanisce di colpo la
colombia... la lingua del consumismo, del feticismo della merce, della
confezione appariscente, è universale... è una specie di esperanto, ma utilizza
reali pulsioni umane, e purtroppo funziona... le prime vittime sono i
bambini...altro che pedofili, è questa la fobia che dovrebbero avere le madri,
che invece hanno l’aria giubilante.
mangio una porcheria di nonsocosa altamente sterile, dal sapore di bruciato,
glutammato e ormoni, l’unica differenza e l’unica consolazione rispetto
all’italia è sapere che nelle bancarelle di strada intorno non ci sono le famigerate
vaschette alimentari e le pescherie dove è proibito tenere le vongole
nell’acqua per direttiva cee, ma arepas, manghi con sale e limone e altre zozzerie ben farcite di batteri altamente
salutari, saporiti e caraibici, quelli che hanno fatto andare il mondo per
qualche miliardo di anni
tutta questa idea della vita a punteggio, della vita come un
quiz a premi o un talent - che balzana
psicologia dovrebbe avere il padreterno per averla concepita? (oltretutto,
dovrebbe avere una psicologia...)... come se il padreterno traesse un vantaggio
dal male, il sacrificio o la competizione, come se infilasse le
infelicità in una macchina e ne uscisse qualcosa di buono... per farne poi che,
per farne un nuovo mondo?
questa logica protestante qui è rifiutata, e dio è
semplicemente una fatalità...
benvenuti uccelli grigi affondati nel grigio del mattino,
perché siete un esistito
la partenza è un punto di sdrucitura – un punto di
consunzione da cui si intravede l’inizio e la fine del soggiorno – un punto in
cui il meccanismo non scorre, c’è una discontinuità, un taglio fra due luoghi. mentre finora siamo stati immersi nel "fra", a bagno nel "fra, ora si vedono i limiti, e in mezzo le cose, irrimediabili e ignote.
non vorresti partire, ma sai che gli oggetti sono estesi,
hanno un contorno, e tu sei sul loro termine – sei sul bilico del volo
il tempo è una malattia, alla fin fine, una malattia del
presente. una lesione, una crepa nella compattezza e pienezza della vita, da
cui essa fuoriesce, defluisce come un sangue. un prolasso, un’erniazione, uno
stiracchiamento di qualche lembo del sentire, che si è verificato per errore in
questo strano dispositivo, in questo strano congegno, l’uomo, e lo ha
irrimediabilmente e irredimibilmente indebolito – potenziato incalcolabilmente
nel momento in cui l’ha adoperato come protesi, come strumento tecnico, e
minato alla radice in quanto ferita, in quanto coscienza.
sogni: oggi ho anche vinto, o perso. una struggente attrice
italiana accetta di fare l’ostia a una messa di bach nel deserto messicano
il luogo dello stacco
termitaio umano, l’aeroporto, da cui la gente “vola”. collo
di bottiglia in cui si raddensa l’umano, prima di elevarsi al celestiale, al
divino. ma si tratta di un divino ancora umano, anzi peggio, tecnologico. si
cade dall’umano all’umano, dalla terra si vola in un cielo fatto terra.
la sicurezza degli aerei è retta dalla paura dei passeggeri.
la paura è una delle sostanze più produttive.
io sto qua, nell’aereo, e l’aereo è un fiocco di neve nel
mondo, l’aereo inscatola 150 gruppi di carne umana, sagomati e frastagliati,
organici... siamo vivi, e rovesciamo il silenzio (e parliamo), e qui è il
bilico – nei contorni delle parole
nota: sierva maria de todos los angeles, protagonista di
Dell’amore e altri demoni – è un personaggio reale, vissuto nel 700 coloniale,
internata come posseduta, morta di rabbia per il morso di un cane a 12 anni,
per un voto alla vergine non tagliò mai i capelli, e fu riesumata nel 1949 con
tutta la sua rossa chioma di 22 metri ancora attaccata al cranio.
altre geografie: santo domingo:
https://www.nazioneindiana.com/2010/01/09/mama-africa/
(ci dovrebbe essere in giro una versione più aggiornata e
meno esposta alle intemperie del web)
non so che c'azzecca ma vi rimando a questo link:
https://www.youtube.com/watch?v=rLi-KJJTSyc
non so che c'azzecca ma vi rimando a questo link:
https://www.youtube.com/watch?v=rLi-KJJTSyc
sul feticismo universale della merce hai ragione… da vendere.
RispondiElimina: )
in ogni caso, mi piace l’idea che il restare esistenti dipenda da un equilibrio tra roba che entra ed esce, sé compreso. se compreso, in effetti, tale concetto esce dalle parole per entrare nell’immagine più oltre, consentendo l’esistenza (proprio grazie all’equilibrio) del tipo che si regge sulle mani in mezzo ad una strada.
aggiungerei che, a mo’ di “prova generale” prima che l’esistenza vada in scena, pure l’atto del concepimento è tutto un entra ed esce, entra ed esce, entra ed esce, entra ed esce (con associato godimento). con la significativa eccezione incarnata dalla virgen de la candelaria.
ma si sa, l’eccezione conferma la regola
: ))
buon equilibrio, in bilico, sul margine del volo e nei contorni delle parole. bentornato.
bentornato... ma si stava meglio in colombia...
RispondiEliminabeh, forse è come dici... esistiamo su 2 mani, e scriviamo su 2 mani... e sempre in mezzo a una strada