il palazzo di fronte, pagina di linee e macchie
segregate questo palazzo
lunare, di azzurri e rossi e verdi dal colorito lunare e numerico
scendo di casa e lo compenetro... ma le scale sono dure...
le porte chiuse... e dentro ci sono gli
abitanti! altre chiazze agili, semoventi! che anche loro, come me, si dibattono
in una lingua
allora avventiamo i linguaggi protrudenti uno sull’altro, ce
li vibriamo... : buongiorno, dico...... e l’altro resta, remoto, nel suo:
buongiorno... si toccano e
sfregano i buongiorni.... qualche puntino
sospensivo crepita...
ci iniettiamo altre falde sonore, pallottole volteggianti e
turbinanti che conformano e inteporiscono l’aria
nelle tuberie interne e le cavità aeree e gli anfratti cocleici
e uveali e foveali e i tubi d’ematite e gli interspazi cuscinetto si rimescolano e
avvoltolano e circolano altre pallottole pelose – gomitoli fonici
per un istante ognuno è fatto d’altro, ognuno si gonfia e
lievita del corpo pneumatico dell’altro
ma è come se avvertissimo il difetto...siamo
solo bestie migliorate, pietre lavorate, piante peducolate
il difetto ci intossica, i corpi sbuffano, paonazzi,
avvelenati d’altro, ma non davvero d’altro, della sola squama dell’altro, il catabolita, il pus, il simulacro
siamo due simulatori di luci
seppure la calotta lunata, levigata e pulsante del seno
dell’altra spenzola dall’astuccio lanoso, seppure il mio sguardo vacilla e fibrilla,
si commuove a certe sue messinscene, una mosca inviata da altri regni che ci
collega a tratti, funge da inquietante, da perturbante
ci assicura la nostra umanità... ci accerta nella nostra
distanza...ci sta traducendo in moschese...ci sta liquefacendo in moschese....
ecco perché io ne ho scritto, per lasciare spazio alla mosca,
alla sua lingua...
glossa
entrare nel linguaggio dentro cane, trovare il cane
dentro nero, trovare il nero
e rosso non è
affatto rosso, anzi è un po’ giallo e violaceo, perché risucchia...o
comunque ha i colori dei suoi supporti
ma sì, la lingua ci compenetra come l’ossigeno che intride gli
alveoli, i glomeri inzuppati...ma nel punto più intimo del corpo, qua sta la
molecola, qua sta il bosone, e qua sta la lingua
la lingua si emulsiona, ma è immiscibile, inincorporabile, è
inespugnabile il meccanismo è autonomo
allora la firmiamo, la sigliamo possessivamente, ossessivamente... ma resta
liscia e imporosa come il cristallo....non scalfita.... resta numerica, del tutto vuota,
trasparente, senza un filamento o una limatura di corpo
noi dove stiamo.... ne restiamo fuori, condannati sul
bilico sperduti fra la sua
apparizione e se stessi, noi stessi..... siamo
dove mancheremo noi
stessi stadio dove ci dislochiamo,
e fra i due luoghi c’è la differenza
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