lunedì 6 aprile 2020

Cerchiamo di ragionare, per ricominciare a vivere


La psicologia delle masse ci spiega che durante gli eventi collettivi le nostre facoltà critiche si annebbiano.  Si potrebbe sostenere che questo annebbiamento abbia una funzione adattiva, che ad esempio in questi giorni il panico abbia indotto la popolazione a rispettare regole cui altrimenti non si sarebbe assoggettata. Consideriamo allora quanto dirò una breve sospensione della credulità, una parentesi in cui, per fini puramente speculativi, proviamo a ragionare.
Che ci sia in circolazione un virus ad alta velocità di contagio, e che ha un decorso clinico pasrticolarmente insidioso, non c’è dubbio. Ragionando, e computando, mi sembra però
che si arrivi a una valutazione del fenomeno molto diversa da quella corrente.
E’ evidente innanzitutto che c’è una psicosi in atto. Al momento in Italia una persona sana con meno di 40 anni ha più probabilità di morire per una puntura di ape o vespa (20-30 casi totali all’anno di tutte le età) che per coronavirus (14 decessi, quasi tutti con patologie gravi, dati Istituto superiore di Sanità).  Eppure vediamo i ragazzi  girare in auto da soli con le mascherine, terrorizzati persino dalla paura di contagiare se stessi. In certi paesi, come l’Ecuador, abbiamo assistito a scene di cadaveri bruciati e abbandonati nelle strade.  Camminare da soli in un bosco per raccogliere roselline è diventato un grave reato, epidemia colposa, al contrario i boss mafiosi responsabili di centinaia di delitti o che hanno sciolto i bambini nell'acido sono scarcerati. Il problema della paura è che non misura, reagisce per riconoscimento, come nel tutto o niente di certe reazioni immunitarie, e dunque può assimilare pericoli imminenti e trascurabili, e ingigantire rischi infinitesimi, dell’ordine di quelli che ci dobbiamo normalmente assumere per far sussistere la vita. L’unico antidoto è contare, calcolare.
Negli ultimi anni, sembrerebbe che la paura sia l’unico sentimento sopravvissuto all’ecatombe valoriale, spirituale, sentimentale della società dei consumi. La paura di non poter consumare più, appunto, se abbiamo ridotto la vita a poco più che al gesto del consumo. Nessuno mette più a rischio la vita, proprio perché non ha più alcun valore per cui morire. Si vuole espungere la morte dalla vita, dimenticando che la vita è accettazione del rischio, e anzi, si potrebbe dire, la vita ha senso solo nell'esporsi al suo rischio,  nel mettersi in gioco, nella misura in cui nega la morte e l'affronta (milioni di morti all'anno per incidenti stradali, 17000 solo per attacchi di cani, per trarre esempi dalle abitudini più comuni).  La vita, hegelianamente, è esposizione/opposizione alla morte, e solo in tal senso la eccede. Questo significato profondo lo ritroviamo sia nella morale agonistica e nicciana, che la intende come una lotta per la vita, sia nella vera morale cristiana (il sacrificio, la remunerazione divina, San Francesco che abbraccia i lebbrosi ecc.) ed è negato solo dalla norma consumistica, che negando la morte nega anche la vita.

A dominare oggi la vita è dunque la paura. 
Questa paura è controllata e diretta dai media, e dai politici, di cui siamo in completa balia. Ma i media sono interessati innanzitutto a spettacolarizzare (producendo casi e eventi che stranamente compaiono e scompaiono nel nulla), a monetizzare la notizia, i politici a convertirla in voti, ergendosi a salvatori del popolo. Possiamo fidarci di queste 2 fonti? Il sonno della ragione produce mostri, il circolo vizioso media-massificazione-populismo produce il sonno della ragione. 
I numeri ci dicono anche che c’è stata un’abnorme amplificazione mediatica, e poi politica, del problema. Guardo il tg tutti i giorni, e da anni non ricordo un servizio sulla malaria, che ogni anno causa  450.000 decessi nel mondo, quasi tutti bambini e dunque morti esclusivamente PER malaria. In questo mese ne avrò visti 1000 sul coronavirus, che finora ha causato 65.000 morti, 7 volte di meno. Computare, appunto.
Se tutti urlano, qualcosa di terribile deve essere accaduto – si pensa. E a volte è vero. Ma a volte meno. Nel mondo globalizzato le isterie gregarie e mediatiche sono all’ordine del giorno, ed anzi in un certo senso lo strutturano. Una bugia ripetuta da mille persone diventa una verità, era il principio su cui Goebbels basava la sua propaganda. In Italia e in Germania, prima della guerra il popolo era per il 99% nazista e fascista (convinto che Mussolini e Hitler fossero grandi statisti, che gli ebrei fossero il male ecc.) , un istante dopo antinazista e antifascista. Erano convinzioni razionali? Erano follie di un’altra umanità, un popolo con 6 orecchie che si nutriva di onde gamma? No, eravamo noi, esattamente gli stessi, con la differenza che la compatta semiosfera al cui interno agisce il contagio psichico allora era nazionale e ora è globale. E’ superfluo fare altri esempi, dalla pubblicità, che sorregge l’economia capitalistica ed è basata su meccanismi di suggestione anti-logici ed anzi ormai grotteschi, alla finanza, che fa ballare i valori in base alla fiducia e sfiducia irrazionale dei mercati, dal divismo, al calcio, alla moda e agli influencer, alle stesse convenzioni sociali... tutto ciò di cui siamo convinti, è in realtà molto meno razionale di quanto pensiamo. Qualcuno può dubitare che azionando il meccanismo più irrazionale e universale dell’uomo, la paura della morte, si sarebbe potuta indurre una psicosi anche col nulla? Il coronavirus non è il nulla, ma è probabilmente MOLTO meno di quel che appare. Facciamo l’ipotesi estrema, che il coronavirus non sia altro che uno dei mille virus ubiquitari e opportunisti che popolano il nostro corpo. Manipolare i dati, montare i materiali per un film spettacolaristico in streaming continuo non sarebbe stato affatto complicato. Ogni giorno in Italia dagli ospedali o dalle abitazioni escono ordinariamente circa 1800 bare, in 2 mesi più di 100.000. Basta riprenderne in un tg poche decine, e aprire ogni giorno i servizi col bollettino dei decessi, e si produrrà la convinzione che ci sia un’ecatombe in atto.  L’ecatombe potrà poi essere attribuita a uno dei tanti virus influenzali e altre problematiche (ad es. quelle prostatiche) che è possibile rintracciare in tutti i deceduti, e in particolare negli ultra80enni, che rappresentano la gran parte di quei decessi. 
Dubbi ho infine sull’infallibilità del connubio Scienze-Istituzioni. Per bloccare la peste a Napoli, nel ‘600, il Viceré e il Collegio dei Medici, convinti come erano, come sono e come sempre saranno di applicare le più ineccepibili e rigorose misure scientifiche, fecero bruciare tutti i baccalà. Oggi sappiamo tutto della vita e della morte, certo... peccato però che, per fare solo qualche esempio, la talidomide prescritta dai medici causò in anni recenti 10.000 bambini malformati, che l'abuso di antibiotici ha causato 450.000 morti, e che le epidemie vengono e se ne vanno da sole, senza che abbiamo idea del perché. Il SARScov1, il cugino più prossimo del coronavirus, si è sostanzialmente autolimitato, e così l’aviaria, che produsse in scala una psicosi simile. Però gli scienziati, che sapevano tutto, fecero acquistare solo in Italia 6 milioni di vaccini, finiti nelle fognature perché inutili. Questi e altri sprechi sono stati compensati dimezzando i posti letto in Italia, il che è la vera causa del collasso sanitario nel bergamasco. Ma sono possibili ipotesi ancora più inquietanti. Secondo l’ottimo sito di statistica youtrend, a Bergamo e Brescia la letalità sarebbe stata del 17%, molto più alta che in Italia e nel mondo. Nel dicembre 2019, guarda caso proprio in quelle 2 province, è stata condotta una straordinaria vaccinazione a tappeto contro il meningococco, combinata a quella solita influenzale, vaccini che causano quale reazione molto comune la febbre alta, con rischi conseguenti, e in alcuni casi problemi polmonari, come spiegato da studiosi tutt’altro che complottisti.  
Si sono diffusi i bollettini più insensati su contagi e letalità del virus, aumentavano i tamponi e guarda caso aumentavano i contagi, non si teneva conto delle patologie preesistenti, i calcoli sulla letalità venivano fatti sui pazienti ospedalizzati quando i virologi affermavano che i contagiati asintomatici erano probabilmente il doppio o il triplo.  Uno studio attendibile mi sembra quello dell’ISPI,  che depura i dati da questi errori metodologici e perviene a una letalità plausibile dell’1,1% . Questo dato appare convincente anche perché finisce per corrispondere approssimativamente a quelli della Cina (4% apparente, 0,7 plausibile, salvo manipolazioni governative), dove il ciclo epidemiologico sembra concluso e i dati stabilizzati,  al dato tedesco dell’1%, ottenuto con criteri di registrazione più stringenti e su una base più ampia di tamponi, e a quelli degli operatori sanitari, categoria sottoposta a controlli e monitoraggi più omogenei. In questo caso abbiamo un dato più basso, uno 0,6% di letalità, ma bisogna correggerlo per eccesso perché la forzata esposizione al virus di soggetti in età lavorativa ha abbassato la media dell’età (49 anni) e di conseguenza la letalità. Alle stesse percentuali di letalità dell'1% perviene anche il prof. Giulio Tarro. Parliamo di letalità, i decessi sulle infezioni, la mortalità calcolata sulla popolazione totale naturalmente è almeno 10 o 100 volte più bassa.  In base ai dati attuali, se supponiamo che, come pare, la curva epidemiologica a campana si sia invertita, possiamo proiettare i dati per i prossimi mesi e prevedere un numero finale di morti (indirette) in Italia di circa 30.000, ma un numero di morti per causa diretta sensibilmente inferiore, poiché è logico che ci sia stata una sovrapposizione fra i decessi che si verificano ordinariamente fra gli anziani, fra i quali normalmente c’è un tasso di mortalità (comprensivo di tutte le cause, inclusa la vecchiaia per se stessa) del 10%,  e quelli attribuibili al coronavirus. Non voglio affrontare un complesso e delicatissimo discorso sul diverso valore e significato che attribuiamo all’esistenza quando essa è nel suo pieno fulgore e quando sta per terminare, ma è evidente che se la morte di un anziano può essere altrettanto dolorosa di quella di un bambino, non ha alcun senso paragonare la forza e gravità di un virus che stronca un organismo sano con quello che agisce solo come concausa.  La distinzione fra morti PER e CON coronavirus peraltro non è agevole, visto che secondo l’ISS la gran parte dei deceduti avevano un’età di circa 80 anni e una media di 2,7 patologie, e i morti esclusivamente per covid sono poche decine. Ne risulta che il dato più attendibile per valutare l’impatto del virus è quello del confronto  fra decessi attesi e osservati, ovvero fra i dati degli ultimi anni e quelli del 2020. Questo dato purtroppo è comunicato dall’ISTAT con un certo ritardo, ma dalle analisi parziali appare già evidente che: 1)  il picco di decessi  del mese di marzo è decisamente superiore alla media, in alcuni casi doppio, soprattutto in Lombardia e negli istituti di ricovero, certamente a causa del virus 2)  nello stesso tempo, una fluttuazione di 20-30.000 decessi su 650.000 medi annui non avrebbe un particolare significato statistico, sia su base annuale che trimestrale, ed è probabile che il numero totale di decessi del primo trimestre 2020 risulterà inferiore a quello del I trimestre 2019, quando c’era stata un’influenza più aggressiva e forse altre problematiche.  Per esempio dal 2016 al 2017 c'è stato un incremento annuale maggiore di quello di quest'anno, di 34.000 decessi, ma nessuno ne ha mai fatto mezza parola. Non c’è una strage in atto, non è ancora arrivata la Bestia dell’Apocalisse. Ci troviamo di fronte a un tipo di influenza grave, molto veloce, col pericolo di aumento esponenziale che ciò comporta, e particolarmente insidiosa, perché può attaccare le strutture interstiziali dei polmoni, con la conseguenza di un tasso di letalità piuttosto alto, anche rispetto all’influenza del 2017, cui vengono attribuiti 25.000 decessi.  Ma il covid-19 non è la peste nera, né il tumore (180.000 morti all’anno in Italia) né l’infarto  (230.000 morti), né la malaria (450.000 morti nel mondo, quasi tutti bambini, morti dunque PER e non CON malaria), né l’Aids (che comporta sempre implicazioni gravi), né l’Ebola (letalità dal 50 all’90%) o la rabbia (letalità del 99%), né la polmonite batterica (letalità fino al 10%, 4 milioni di morti all’anno, spesso dovuti a contagi ospedalieri ) né la terribile influenza spagnola (50 milioni di morti stimati). E’ una malattia molto seria, che l’amplificazione mediatica e la conseguente isteria collettiva hanno aggravato. La morte è sempre inaccettabile, crea sempre una lacerazione fra il biologico e lo psichico, ma la vita non potrebbe sussistere senza l’esposizione alla morte, ed anzi hegelianamente è proprio da questa esposizione che essa trae il suo significato più profondo. Ecco perché anche in un momento doloroso come questo non bisogna rinunciare alla verità, alla ragione, alla libertà, alla dignità, a ciò che ci rende umani. 


Un altro mese così e rischiamo di sprofondare in una crisi economica irreversibile, come la Grecia o l’Argentina, con conseguenti massicce perdite di vite umane. Secondo B. Borisov, la grande crisi del 29, che è stata paragonata a quella attuale, provocò 7 milioni di morti. Vedremo quale sarà il bilancio di questa. Il collasso delle strutture sanitarie e la sottrazione di risorse ad altre patologie più gravi, la stessa ospedalizzazione (49000 morti all’anno per infezioni ospedaliere),  l’indebolimento psichico e poi immunitario e la riduzione dell’efficienza cardiopolmonare prodotti dalla reclusione, dallo stile insalubre di vita e dallo stesso panico soprattutto nei soggetti deboli (mi chiedo quanti ricoveri nella prima fase non fossero dovuti a crisi vagali e dispnee psicosomatiche da panico), la privazione di sole e vitamina D, rischiano peraltro di essere estremamente dannosi (secondo uno studio della Nottingham University 3 mesi di vita in meno per ogni cittadino). 
Non mi sembra di aver forzato alcun dato, ma semplicemente di aver cercato di sottrarli alle suggestioni emotive, con la finalità di ridurre quegli effetti di panico che già per il SARS.cov1 hanno aggravato il bilancio dei danni e probabilmente anche del contagio, che è innegabile (basta constatare l’amplissima variabilità dei sintomi, con 3/4 dei pazienti asintomatici fra cui anche vari ultra90enni) dipenda innanzitutto dalla risposta immunitaria dei soggetti colpiti. Non è escluso (da parte anche di numerosi virologi di vaglia) che una strategia di rafforzamento immunitario e di controllo indiretto avrebbe potuto essere più efficace di quella repressiva, mutuata disinvoltamente da un paese in cui i diritti individuali sono valutati meno di zero.  Si sarebbero potute improntare le misure a un concetto molto semplice: il contagio è in larghissima misura una funzione del rapporto fra sistema immunitario e carica virale assorbita. Un organismo sano e munito di anticorpi efficienti è sostanzialmente immune dal virus (decessi sotto i 50 anni trascurabili, 2/3 di casi asintomatici) e non contagioso (Istituto Superiore Sanità) e 10 virus vaganti nell’aria o sperduti su una superficie non decontaminata non contageranno nemmeno un organismo debole, ne servono migliaia o milioni. 
Credo che sia necessario, in base se non altro a un principio di precauzione, non abbassare la guardia né commettere imprudenze, ma nello stesso tempo mi auguro che si passi da una fase di panico generalizzato a un approccio razionale e positivo, e che al più presto si creino i presupposti, normativi, comportamentali e vorrei dire ontologici, per ricominciare a vivere.



PS del 6 maggio. Finalmente sono stati rilasciati i dati ISTAT, gli unici che abbiano valore obiettivo e probante, sull'incremento di decessi fra la media 2015-2019 e il 2020. Ebbene, nel primo trimestre 2020 ci sono stati 25.000 decessi in più rispetto agli anni precedenti, il che è stato presentato come un incremento inaudito. Ma in realtà, per esempio, nel primo trimestre 2017 ci furono 22.000 decessi in più rispetto al 2016 (in quel caso concentrati a gennaio come ora a marzo). Circa la metà di questi decessi sono inoltre concentrati negli istituti di ricovero del Nord Italia.

PS 2  Si dirà: il bilancio è contenuto proprio dalle eccezionali misure restrittive. Certo, molte dell misure adottate erano necessarie, come ne sono necessarie per ogni malattia.  Ma la Svezia, che ha adottato misure di controllo civili e non repressive, ha poco più di 2000 morti, e  anche in città come Stoccolma che conta un milione di abitanti la curva di contagio si è comunque invertita, come si inverte ogni primavera quella dell'influenza, della Sars-cov 1 e in generale quella di ogni coronavirus, per ragioni che sostanzialmente conosciamo poco. La Svezia è stata additata anche dall’ OMS come un esempio virtuoso .

PS anche la cifra totale dei decessi, al momento 28000, si va attestando su quella che avevo previsto un mese fa, di 30.000. secondo l'Istat nel periodo considerato ci sono state anche 12.000 morti in più non-covid... probabilmente le prime conseguenze prodotte dal panico. 

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