domenica 16 dicembre 2018

qui quo qua e il tempo

perché qui quo qua non fanno vecchi? - mi ha chiesto c.. infatti sembra che per qui quo qua il tempo non passa. si potrebbe dire che il tempo per passare ha bisogno di un corpo, di una carne in cui passare, e che non riesce a passare nelle linee e i colori di cui sono fatti qui quo qua. dunque che non esiste il tempo disegnato. se però il tempo disegnato non esistesse come potrebbero accadere le storie, come sarebbe possibile che qui quo qua aiutano zio paperone a trovare la cassaforte piena di dobloni? anche se pensassimo che il tempo passa nell’intervallo fra una vignetta e l’altra questo non spiegherebbe niente, perché comunque dovrebbero invecchiare fra una vignetta e l’altra. dovremmo allora pensare al contrario che fra una vignetta e l’altra il tempo non passa, è congelato, è come inghiottito. questo spiegherebbe il rallentamento dei loro processi di invecchiamento. ma a parte il fatto che la questione non è che invecchiano lentamente, ma che non invecchiano affatto, questa ipotesi evidenzierebbe nuovi problemi. dove andrebbe infatti a finire questo tempo che non esiste fra una vignetta e l’altra? in una specie di deposito del tempo, da cui poi sarebbe recuperato o restaurato ad ogni vignetta successiva? e per quale ragione le cose che accadono nella vignetta successiva dovrebbero avere un rapporto causale con la vignetta precedente, visto che fra l’una e l’altra non esisteva nulla, nemmeno il tempo? non potrebbe accadere allora che qui (che poi, chi è qui, chi e è quo e chi e qua?) va a pescare dopo che ha preso il pesce, o paperoga ha l’indigestione prima di mangiare la torta? o anzi, che dopo aver mangiato la torta paperoga si trova nella nave spaziale della storia dopo, o nella prima vignetta del numero di topolino, o in un altro numero? le vignette in questo caso sarebbero infatti una specie di pezzi della realtà vaganti e sperduti in uno spazio assoluto, senza alcun legame fra loro.

si potrebbe pensare a questo punto che c’è un altro tempo che contiene il tempo, e che questo passa fra la linea che delimita una vignetta e la linea successiva, in quello spazio in cui pure c’è qualcosa, e che infatti sarebbe visibile a forti ingrandimenti. ma anche se presupponessimo che questo tempo scorre nella testa e nella carne di uoldisnei e anzi del gruppo di disegnatori con altri nomi e con altri corpi e che però noi chiamiamo uoldisnei, il problema non cambierebbe, perché in questi corpi il tempo sarebbe ugualmente fatto di istanti successivi.

d’altra parte, il tempo di qui quo qua è diverso anche dal tempo di paperopoli, sia perché a paperopoli i negozi aprono e chiudono, le macchine passano ecc (anche se in genere è sempre estate e c’è il sole e il cielo azzurro), sia perché dagli anni 30 o dagli anni 60 a oggi le case di paperopoli sono più moderne. dunque per le case il tempo passa, è proprio per qui quo qua che non passa.

anche i dialoghi e le parole pronunciate dai 3 pongono simili problemi. infatti questi pensieri e queste parole appaiono magicamente in una nuvoletta, in un vapore sbuffante che esce dal corpo di qui quo qua, che sta in cielo come un’insegna nei loro paraggi, e che quindi noi supponiamo che sia evaporato dai loro neuroni, nella carne e nella psiche. ma in realtà a volte le parole di qui stanno sopra il corpo di paperino, o stanno tutte in colonna, e inoltre queste parole compaiono tutte insieme, dunque non sono state pensate in una successione, ma stavano tutte appiccicate insieme o detto più scientificamente in un’unica stringa già nella loro testa.

infine, visto che qui quo qua (che sono un organismo solo, senza le virgole) fanno sempre la stessa cosa, non esistono separatamente  e agiscono sempre simultaneamente, come fa ciascuno di loro ad agire con gli stessi ritmi e la stessa logica causale dell’altro? come fa il tempo in qui a scorrere con la stessa concatenazione con cui scorre in qua? e si potrebbe riscrivere il fumetto con un solo fratello, visto che fanno tutti la stessa cosa? probabilmente tutto questo ha origine nell’uovo da cui nacquero, ma è evidente che nacquero da 3 uova separate (queste uova comunque non si sono mai viste nel fumetto, nemmeno nelle foto da piccoli), che peraltro non erano nemmeno quelle espulse da paperina (che anzi con loro non ha nemmeno legami di sangue e piume) e fecondate eventualmente da un presunto fratello di paperino, che però non risulta nemmeno esistere. quindi, anche in questo caso, se ci immaginiamo queste 5 uova vaganti e sperdute in uno spazio senza confini, in una sostanza estesa da un punto all’infinito all’altro all’infinito, separate fra loro, sparpagliate e senza alcun nesso, abbiamo una rappresentazione più esatta della realtà.

come abbiamo detto, il fatto che stiamo parlando di linee e campiture di colore senza spessore, in cui non c’è una carne in cui può scorrere il tempo e depositarsi (incrostando e appesantendo che so il collagene e facendo le rughe, o scolorendo i peli o i capelli o le piume) e che sono in definitiva il duplicato di simili linee e colori che si sono manifestati nei neuroni più corposi di un disegnatore, non cambia proprio niente, perché nella capoccia del disegnatore o nella nostra o in qualsivoglia altro ambiente le cose funzionano nello stesso modo. anche della nostra realtà, noi percepiamo sempre il profilo, di un oggetto profondo noi percepiamo solo il profilo della profondità.

dunque in conclusione alla bambina io non ho potuto rispondere proprio niente, l’ho solo guardata con aria interrogativa e anche lei è andata avanti nel mondo con un po’ di aria interrogativa in più.

 

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