domenica 21 febbraio 2021

il cosmo è la mia stanza

effettivamente il mondo è finito

l'uomo propriamente uomo è una creatura lesa, fallata... è un animale che ha perso la sua integrità biologica. attraverso le crepe penetrano in lui i succhi colorati del mondo, la scienza del tempo, la paura, quel tossico senza antidoti che è l'infinito... il suo desiderio assorbe ogni vuoto del mondo, lo rende smanioso, furioso, malsano... il mondo lo impregna e pian piano lo infradicia.

l’uomo è l’animale fallito, l’animale che non è riuscito a vivere "in pienezza", a dominare pienamente l’ambiente con la propria scarsa munizione naturale, e si è inventato quest’altro artiglio, zampa, fauce: la parola – da cui il pensiero, la cultura, la tecnica. il vero uomo è

il gobbo leopardi, il vecchio e mite einstein, il basso, flaccido, sdentato e per finire ipopenico (ma iperarmato) bonaparte...

ma anche usain bolt, inseguito da un leone, ci sembrerebbe arrancare come un penoso coniglio.

questo verme spelato, questa scimmia anchilosata, quest’unghia di dinosauro si dotò di un’appendice invisibile e quasi incorporea, incredibilmente prensile, dalla gittata portentosa, leggerissima ma indistruttibile, inavvertibile ma possente: il suono impresso e articolato nell’aria dalla glottide – con cui riuscì a fare un macello del mondo. siamo animali d’aria, deità dell’aria, creature a metà animali e per la metà vincente eoliche.

siamo però forse giunti alla soglia di saturazione del fallimento: troppi falliti, troppi intellettuali, troppa virtualità... il fallito può vincere o sopravvivere finché gli altri non scoprono il trucco, o finché ci sono animali che danno corpo alla sua macchina. non c’è più spazio, l’implosione è vicina, i maya avevano ragione: il mondo è finito, è restata solo la sua immagine, il suo scheletro d’aria, e noi siamo tutti ectoplasmi esangui e pallidi che si aggirano insensatamente nella loro fumisteria.

il cosmo è la mia stanza

io sono gettato nell’abisso dello spazio e del tempo. galleggio nel vuoto, sprofondo  da abisso a abisso. sono disperato e, quando posso, freddo, ma non c’è scampo. non c’è nulla cui aggrapparmi, se non altro vuoto, altro abisso. dio mi ha scaraventato in questo nulla interminabile, e ne ha colpa. il cosmo immenso è la mia stanza. il mio corpo si va putrefacendo, e infine sarà pace. 


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