sabato 30 gennaio 2021

acqua

                               

leggere, morire pezzi del corpo, attività micidiale, patogena. per capire, è necessario negare il corpo, dunque ammalorarlo, ammalarlo (il gesto umano dell'astrazione, è una sospensione del corpo, una sostituzione della cosa con un qualcosa indeterminato e immateriale)

quando penso alla vita, quando penso ai morti, mi sembra che il mio unico compito è scrivere. io non ho figli, non ho padri, non ho donne, dal punto della nascita a quello della morte la mia vita può trovare un senso, una direzione, solo allineando il mondo nel linguaggio

c’è un autore che secondo me meriterebbe maggior attenzione. il corpo di quest’autore, a cui afferirebbe indubbiamente questa maggior attenzione, è collocato più o meno casualmente in una postazione   mobile a me molto prossima, e con cui, tranne che di notte e nella disattenzione, è in comunicazione neurale, semantica e ontologica molto diretta. insomma, beh... sarebbe io.

acquaiolo l’acqua è fresca, dirà qualcuno, o più forbitamente, non so, chi si loda s’imbroda, o, che so, il soggetto che valuta non può coincidere con l’oggetto valutato. considerazione impeccabile, se non fosse che poi secondo quanto sostiene (quest’-quell’- codest’) autore stesso, la distinzione fra soggetto e oggetto è assai più labile di quanto si ritenga,

e un io è in realtà dislocato, sparpagliato, irrorato in tutto quel superorganismo tentacolare che chiamiamo umanità, o comunità umana. l’io è dappertutto... se non fosse così, pensando non potremmo stare con l’io in giappone, o fra i sumeri.

ma veniamo alla sostanza. esercizi per accorgersi del mondo è un libro che ho scritto in una decina d’anni, e più. mi sembrava una buona norma etica. un libro impiega cellulosa degli alberi e tempo di lettura,  materiali entrambi non rinnovabili, e sommergere il mondo di proprie pubblicazioni serve solo a compiacere lo scrittore e scoraggiare il lettore. il prezzo è abbordabile, l’editore,  transeuropa, è in definitiva uno dei pochi indipendenti dai grandi gruppi egemoni. mica me, il mio libro precedente, ha avuto una 30ina di recensioni (fra cui alcune note a firma dei nostri più credibili scrittori nazionali) e secondo me manco 100 lettori (bisogna anche sottrarre al conteggio i recensori che innegabilmente il libro non l’hanno letto), e già questa è un’anomalia che dovrebbe spiegarsi. esercizi sembrerebbe avviarsi alla stessa sorte... un po’ meno illeggibile, ma ugualmente illetto.

un libro certo deve farsi leggere... il problema me lo sono posto. non può però disporsi automaticamente nell’aspettativa del lettore, deve in qualche modo scantonare, schivarlo, tradirlo, disattenderlo. deve essere il lettore che va a cercare il libro nel posto dov’era, in un altro posto, altrimenti non si è spostato, non ha letto né intel-letto, ha solo ripassato se stesso.

vari lettori particolarmente attrezzati culturalmente, particolarmente avventurosi, particolarmente intus-legenti, direi, e particolarmente onesti, mi pare che l’abbiano fatto, e ciò mi pare che basti a legittimare la mia convinzione che il libro sia di per sé praticabile. non faccio nomi. 

a volte mi sembra che i critici, o anche gli amici, mi guardino con sincero compatimento, come uno che davvero crede alla cultura, all’etica, all’intelligenza, all’amore, a tutte le cose che si dicono alla tv e sui giornali... tutti sappiamo invece che è una buffonata, che quello che conta è il potere, il successo, la furbizia, l’apparenza, e poi la fortuna, la forza.... il denaro, certo... ma il denaro spesso diventa un comodo capro espiatorio. a volte mi dicono, fin dai tempi di mica me: ti ho scritto una nota, o un’email, ma meriteresti di più...

un editore avventuroso, un po' incosciente pure, forse, ha avuto il coraggio, rischiandoci anche dei soldi, di pubblicare un libro fuori da ogni genere e riconoscibilità... ma mica quei critici che stanno sempre a contestare l'editoria commerciale se lo sono andato a leggere... loro prestano attenzione solo a quei libri altrettanto convenzionali, altrettanto riconoscibili e ortodossi, ma in senso opposto a quelli commerciali... a quelli veramente nuovi mai, non è mai accaduto nella storia della scrittura. 

ma passiamo alla vera e propria autorecensione (questa era l’idea del post). il libro, come molti libri, è un libro lungo, una linea lunga di parole. ma se si pensa che il cervello umano contiene 600 km di vasi sanguigni tutti avviluppati, si capisce che il libro ci può stare...

l’ho definito sinteticamente una sorta di autopsia del reale contemporaneo, nel senso etimologico di ispezione diretta attraverso i sensi, dunque un’analisi che, in quanto meglio fondata in una percezione profonda e  originaria della realtà, dovrebbe configurare una proposta culturale, sociale e politica nuova.

intendevo che, nonostante sembri a prima vista un’accolita di improvvisazioni e rapsodie bloggistiche senza capo né coda, in realtà ha a mio avviso una struttura unitaria, coerente, organica. il cuore del libro sono i brani che io chiamo esplorazioni percettive, e che solo superficialmente si possono scambiare per sperimentazioni ludico-linguistiche di buona memoria. sono anche i brani meno immediati: in pieno io, il sistema azteco-austriaco, il maiale prima di me, il bacio veramente con la lingua, album di certi attimi, per citare qualche titolo. si gioca qui il tentativo (fenomenologico, fatemi sparare husserliano, va’) di fondare la mia lingua nel suo terreno profondo, nelle radichette e le ife della rizosfera, più specificamente in quella leggera torsione dell’io che ci rende consapevoli del linguaggio, che in senso wittghensctainiano ce ne mostra i limiti, e lascia il corpo sporgersi e penzolare sul non linguistico. ritengo che la nostra era -  antropocene è stata detta, infocene si potrebbe anche dire – sia caratterizzata da un progressivo impoverimento semantico. l’effetto combinato della sovrappopolazione con l’accelerazione elettrica del segno e lo sviluppo dei media ha prodotto il collasso della semiosfera, e il segno tende al tempo di decodifica zero, dunque al contenuto zero. in altri termini, si potrebbe dire che se l’evoluzione antropica è consistita in uno spostamento dalla cosa al segno della cosa, oggi si rischia che il segno coincida con la cosa, consista nella cosa, e la sostituisca a tutti gli effetti. è forse svaporato quel gesto inspiegabile e inafferrabile che è la comprensione.  i miei esercizi dovrebbero innanzitutto abituarci a sentire che tutto ciò che siamo, tutto ciò che percepiamo, tutto ciò che patiamo, è lingua.

nel libro, che utilizza codici molteplici, ci sono poi capitoli o episodi che teorizzano questo processo (la giustizia spetta a te, agenti del caos, microsaggi, più le varie recensioni  ecc.). c’è infine una terza categoria di scritti, quelli pragmatici che cercano di applicare quanto abitualizzato e poi teorizzato alla realtà politico-sociale (tra parentesi, vacillamenti della città avellino, corteccia perisilviana sparpagliata, bestie da successo, virus in fabula ecc.). queste analisi cercano in genere di smontare le montagne di superficialità, luoghi comuni e sentimenti imparati a memoria che ormai ci sommergono nei media (che ovviamente mi ricambiano con un'efficacissima disattenzione). 

il gesto di accorgersi del mondo è si articola dunque su diversi livelli, quello percettivo, quello teorico e quello applicativo. i loro discorsi convergenti dovrebbero comporre una risultante socio-politica.

l’io è dappertutto, ho detto – esattamente come il mondo. come ho concluso il libro, concludo questa autorecensione: l’immagine è chi (la) guarda, il mondo è chi (lo) dice – chi (lo)pensa. dappertutto accade qualcosa, dappertutto è un io...

 Livio Borriello, Esercizi per accorgersi del mondo, Transeuropa 2020, pgg 196, € 14,90. 


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