sabato 9 settembre 2017

signore pensili sul balcone, cani che abbaiano

sui balconi, appaiono signore – sporgono signore.  pulsazioni deboli dell’antropico nella prima mattina, lievi incarnazioni nell’oggetto duro e ortogonale del, dei palazzi di fronte. secrezione e fiotto organico istantaneo, intento a stendere i panni, a prendere la scopa, a produrre un minimo e sfolgorante evento ordinario. per un istante, il funzionamento oscuro delle interiora del palazzo, il
lavorio interno della macchina antropica è svelato... appare nel mondo la signora spettinata,
insieme indaffarata e svogliata, e si inargenta nel raggio di luce che abbaglia le mollette e la bacinella di plastica azzurra. il mondo è abitato, è posseduto dall’uomo, è vivo, nella nostra accezione antropocentrica, e prima biocentrica. sbuca come le marmotte dalle tane nei documentari. o come il sacerdote sumero, ieratica. poi viene riassorbita, reinghiottita dal grande dispositivo sociale, dal tappeto di pietre che ricopre la terra.

nuova mitologia, nuovo emblema, stemma. la vera insegna della famiglia, che è la vera cellula del mondo antropico – ecco la sua importanza. il collezionista di signore sul balcone, è il vero conoscitore del mondo.

il gesto sociale, assoluto, dell’apparire sul balcone, è assolutamente significante perché assolutamente puro, dimesso, preterintenzionale e pre-sociale. tutto il resto non è più segno per l’uomo che sente perché è rappresentazione, è contaminazione del mondo, è impressione volontaria della propria presenza... l’apparire sul balcone è invece trasudamento, perdita, emissione, smagliatura del reticolo sociale... glu glu... beep –beep ... zzz... beep beep...


verso le 4 di notte c’è sempre qualche cane che inspiegabilmente abbaia. abbaia al buio, sbianca il buio irrorandoci quel rumore, possedendo quel silenzio col rumore – squarciando il buio si dice. il cane trasfonde la sua biologicità nel ritmico buio della notte, nessuno lo sente e se lo sente dà fastidio, ma a volte è un po’ commovente. bau bau, bau bau... ecco fatto il blog

 
tutto il problema è che noi percepiamo il presente smollato, slentato, e così in questo presente si fa un passato dentro. queste grinze e pliche dovute alla lassità noi le consideriamo “un altro tempo”, qualcosa in cui si proietta un possibile, e in cui dunque può andare a svilupparsi un “migliore”, e dunque dei desideri, o comunque un altro stato che è altro dello stato in cui si sta, è un ultra-stato, uno stato aggiunto. questa scissura, questa duplicazione è tutto il problema. senza questa lassità del presente, della nostra lingua, noi sarem(m)o felici.

2 commenti:

  1. ottimo anche questo trasudare di signore sui balconi, un apparire d'apparenza inspiegabilmente abbagliante (sfolgorante) e quotidiano (evento ordinario), che infatti, come il cane, abbaglia al buio (squarciandolo).
    per qualche verso (diverso?), l'affiorare/trasudare biologico mi ha ricordato lo squarciarsi del velo di Maya di schopenhaueriana memoria. anche perché se il velo è smollato, slentato, lasso risulta assai difficile incidervi una scissura con un coltello.
    (scusa il delirio)
    : )

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  2. grazie per la solita attenzione, fra una polemica e l'altra...

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