domenica 30 aprile 2017

l'esistito




si può vivere solo nell’ottundimento

non c’è via d’uscita

barcollo

( la gita a castellammare e sorrento, XX anni fa, con mm e dino l. .... abolita... abolita quella giornata, abolita quella luce  ... ... non essere nell’essere, è il ricordo... l’infarto dei vasi che portano il tempo... il rigurgito del tempo, non è che è normale... è un infarto d’esistente... è un’interruzione  d’essere, di questa cosa che a stento eccede il non essere...... il come non è stato nel come è stato.... è una cosa che lancina, che trafigge, che strazia, che espande, che sormonta, che oltrepassa...)

noi siamo una posizione, un punto di vista. è per questa ragione che se amiamo essenzialmente qualcuno, troviamo essenzialmente inutile spiegarci nelle parole, cambiare posto nelle parole. l’amore valido è solo quello della coincidenza. 

 
io mi avvicino a volte a me stesso... giungo a volte nei pressi di me stesso... nella mia imminenza... ma poi sfumo, dileguo... oppure incontro un altro strato, un altro involucro...  io mi posso solo congetturare... annusare... ma il naso, cos’era?

 
ascoltando la musica barcollo... la musica mi fa barcollare.

 
anche un pezzetto di bellezza che esce da una ragazza che passa mi fa barcollare... questo pezzetto fuoriesce dalla ragazza e mi pefora... così che questo esistere che era già tutto consunto e intenerito dalla musica ora è tutto bucherellato... e ci entrano ancora più altri non ci sono che prima stavano fuori... per cui barcollo ancora di più, però va bene così perché questo è il mondo...

 
per me il mondo è una continua festa, la festa dell'essere prominente dal nulla


io credo che dopo morti si va nel “linguaggio”  - ovvero, scaricatosi il corpo, si accede, si resta, nell'ignoto qualcosa che significa (non è escluso che questo linguaggio funzioni come un’anima, e questo transito come una specie di sopravvivenza. potrebbe darsi che insediati, persistendo, diffusi nel linguaggio totale, continuiamo a toccare con i piedi del linguaggio la materia... restiamo in qualche modo ubiqui, fluttuanti e immateriali... in che senso saremmo ancora “noi”? se siamo entrati e usciti da un corpo, se abbiamo percorso un corpo che ci ritagliava e identificava, in che senso siamo identici? siamo L., siamo io? nel senso che si è aggiunto un nuovo nome, a partire da un nuovo significato, a partire da un nuovo corpo, al mondo...)

 

questo aggeggio in realtà privo di nome – perché pene o fallo sono troppo tecnici, non derivano da alcun uso effettivo, cazzo e famiglia semantica sono troppo connotati in senso fisiologico e poi dispregiativo, aggressivo  ecc, sesso o membro troppo generali – questa nuvola rosea di carne...  alga nel fondo del soma... turbolenza di luci sfocate...  – ebbene secondo l’ipotesi psicanalitica, con qualche ragione, ha un ruolo centrale, è una specie di perno o propulsore psichico...
in effetti questo nonsoché è un organismo dotato di una forza magica... pur spenzolante, sgraziato e grinzoso, sgradevole, scomposto e respingente com’è, ha una forza, ha il carisma... è sicuramente molto importante – porta molti effetti... come il cuore, racchiude una possente forza propulsiva... bevuta una pozione portentosa, se lo alimenta l’occhio con linee armoniche e attrattive, o il tatto con levigatezze e sofficità, si trasmuta... è metamorfico... ha il dono di non essere lui... si rovescia, si gonfia, esplode,... è una folgore... tutto ciò lo rende simbolico, diventa simbolo del vitale... esiste e non esiste, si sovverte, si contraddice... e dunque si fa metalinguistico... non ha un nome perché non è una cosa....  potrebbe avere solo un nome proprio... osvaldo, o un nome di cane, fuffy, rex, fido...
(affarecinese, lo chiamano in sicilia...)

il sapore della vita in bocca. assaporare ogni istante, ogni spazio con la sua grana di signore che hanno fatto la spesa, di luce schiantata sul marciapiede, di suoni mescolati di traffico... tutto è appena uscito dal guscio, e luccica... e tutto è un esistito

nota: esistito è da intendere in senso predicativo passivante più che sostantivale

2 commenti:

  1. ma perché interromperci? non c'è già fin troppa pubblicità che arriva tronfia ad interromperci mentre vediamo un film in tv?
    : ))
    un giorno mi ricordo che ero poco più d’un ragazzino e mi sono masturbato per la prima volta (era solo tardo pomeriggio, ma il mondo era già fin troppo pieno di linguaggio). ecco, in quel momento in qualche modo penso di essere stato esistito dal di fuori e dal di dentro nel contempo. ciò che ci manca potrebbe dunque essere la continuità, non l’interruzione. forse, se potessimo collegare il cervello e i nostri organi sessuali maschili e femminili ad un gruppo elettrogeno di continuità, le cose miracolosamente si sistemerebbero da sole al participio presente (grazie all’accorrente). se invece manca o scarseggia l’occorrente, non ci resta che surrogare il mondo con i simboli. ebbenesì, il simbolo è *l’arnese* che “esiste e non esiste, si sovverte, si contraddice... e dunque comprende il contraddirsi, esprime il non significare”. tutto dipende dal simbolo (dal suo potere evocativo che trascende il segno), difatti spaziando dal sex symbol al simbolo matematico, il linguaggio consta di elementi simbolici che incarnano (e rappresentano) concetti (parole) disposti secondo un ordine che ulteriormente ne determina e ridefinisce all’infinito il significato intersoggettivo. ma questa è un’altra storia e non vorrei sembrarti troppo serio.
    : )

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  2. mi fa piacere che ti ho stimolato tutto questo pensare...e non hai torto, non siamo una pubblicità...no, non dovremmo interromperci... ma, per la cronaca, il concetto è leopardiano... lui dice, più elegantemente, che ogni felicità è intermissione dalla vita... nell'era degli spot io mi sono ridotto a questo brutto termine...

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