domenica 20 marzo 2016

Noterelle (adriana borriello, dante, solgenitsin, porno ecc.)


ieri ho visto Col corpo capisco, di adriana borriello. in ogni suo spettacolo c'è sempre un'idea nuova, un pensiero nuovo che si sviluppa in figure... adriana è in effetti una pensatrice di figure... bello all'inizio il modo in cui ha "prodotto spazio" sgombrando la scena dagli “oggetti”,  bello il modo in cui ha esplorato il numero 3 - mai il senso che fosse una sommatoria, un’addizione - ogni rapporto era necessario, e questo è tipico del suo rigore... ma ancor più interessante  mi è sembrato il rapporto molto evidente che ha istituito fra corpo e suono/rumore... la sonorità era il rumore dei corpi, e i corpi una cosa sonora...i corpi erano una cosa del mondo, considerata nella loro dimensione sonora...
lo scopo principale dello spettacolo mi è parso questo: descrivere una singolarità umana ( 3 singolarità, numero dinamico e sintetico,  che dopo il 2 oppositivo e relazionale ci stabilisce nel mondo quale organismo sociale complesso) nella sua essenza costitutiva, che è innanzitutto fenomenica, percepibile.

questa sostanza elementare, questa carne nel senso di merleau ponty, questo quinto elemento che è la carne d’uomo, innanzitutto si manifesta nelle forme visive e sonore, come timbro (spiega bene adriana, che è teorica e filosofa prima che contenuto della sua teoria) e risonanza della materia. ciascuno di noi ha uno specifico tipo di frizione, di attrito, di rapporto, una peculiare corrispondenza col mondo. chi è legnoso, chi ha una consistenza fibrosa, vegetale ma strutturata come il legno, ha risonanze secche e dure, chi è destrutturato fluisce, avvolge, infiltra...ecc. questo è il nostro primo atto di comunicazione col mondo. e questo gesto depura e dispone sulla scena adriana, in una configurazione coessenziale all’eccellente e innovativa base musicale di roberto paci dalò , e assecondata dalla sensibilità delle ex allieve donatella morrone e ilenia romano, esatta e morbida (gelatina? acqua coagulata e stabilizzata?) l’una, elegante come una regina notturna e orientale l’altra ...
risolto appare anche il rapporto maestra-allieve che è un’altra delle tematiche sottese alla coreografia... la maestra non prevale, fa spazio, lascia spazio, ma vigila e pro/muove.

  

c’era della cosa, della materia animata, muscoli insaccati, sangui e fluidi incanalati e in circolo, cordami di nervi ecc. che entrava in fricazione o consonanza, attrito o compenetrazione, urto soffice o drammatico, concorde o discorde col resto dello spazio, e questo rapporto produceva ronzii, sciabolate nell’aria vuota, stridii, gemiti, cigolii, gorgoglii, aderenze e disaderenze. i corpi erano un addensamento stesso dello spazio, e diventavano dunque spazio stesso che si muove, e configura. se siamo il corpo, questo corpo fa un certo rumore poco indagato, in funzione di ciò di cui è fatto... quel qualcosa che siamo fa takt, tokt, qualche altro zzz...qualcosa ancora swish, o glo glo, o bfff...un rumore acqueo o ventoso o igneo o tellurico...e noi siamo questa sostanza e materia nel mondo prima e più intimamente che le parole... così ci propaghiamo più essenzialmente nel mondo...
la ricerca di a.b., grazie all’assoluto controllo tecnico, al rigore compositivo, al senso visionario, si inscrive perfettamente in quel lavoro di rifondazione percettiva che mi sembra il compito più alto e necessario che si sono posti la danza e il teatro contemporaneo

 
 


 

ulisse, eroe del nostos in omero e del telos in dante.
l’uomo moderno fondato in qualche modo nel canto di ulisse (XXVI). l’uomo di linguaggio, l’uomo che si fonda nella conoscenza non più come gesto utilitaristico, ma come atto gratuito. l’uomo che non intende più l’ignoto come esterno a sé, che non lo demanda alla divinità, ma lo assume in sé, e assume dunque il divino in sé.
non è la curiosità – impulso banale – non è l’utile. la brama di ulisse è identificazione fra lingua e mondo, fra lingua e assoluto, il desiderio di conoscenza si identifica con un desiderio di assoluto, e definisce dunque un uomo inedito, per il quale la conoscenza è valore (che sostituisce di fatto, al di là delle intenzioni e dichiarazioni di dante, l’uomo “religioso” medievale).
in tal senso in dante si chiude il medioevo, e nasce l’umanesimo.(e l’umanesimo nasce dunque molto prima di quando lo pone la storiografia tradizionale) . 

 

mi costa ammetterlo, ma l’avventura del comunismo nel ‘900 non può che definirsi come un tragico cancro del linguaggio, dell’ideologia. la proliferazione mostruosa e incontrollata di una parola, un’astrazione, quella di marx, che in sé era nobile e per alcuni aspetti anche fondata scientificamente, e tuttavia non a sufficienza nella corporeità, e nella complessità dell’individuo, di quell’accozzo di forze organiche che è l’uomo. questo prodotto di degrado dell’idea, l’ideologia, ha sorretto l’incredibile confusione di crudeltà e idiozia che è stato lo stalinismo, la cui aberrazione ha superato – difficile negarlo dopo aver (appena) letto Arcipelago Gulag di Solgenitsin - quella del nazismo.
(si tratta di 2 mostruosità...ma una mostruosità perpetrata a fin di bene fa ancora più paura, è ancora più sconcertante e disperante di una mostruosità malvagia... è se possibile più atroce)

(per qualcuno che pensasse che esagero cito un solo dato: al 17mo congresso del Pcus stalin fece fucilare 3/4 dei delegati...fra cui uno che in tono un po' polemico aveva interrotto l'applauso troppo presto)
 

l’america ha ottenuto cogli allettamenti del piacere, della merce, del benessere – con la persuasione profonda e inconscia – lo stesso risultato che la russia staliniana perseguì, infine fallimentarmente, con la costrizione e coi lager: il controllo del linguaggio, l’azzeramento dell’individuo. in quella russia nessuno poteva dissentire – ma in realtà lì è nato il dissenso - negli usa nessuno ha convenienza a dissentire. il linguaggio americano è piatto, impersonale – come se non fosse mai esistito baudelaire o van gogh - e il pensiero è una sommatoria meccanica di questa lingua omologata (pasolini dixit, basta sostituire i termini urss e usa a fascismo e società dei consumi).

  

essendo a forma di uomo (pochi peli, occhi, percezione del tempo ecc.), e essendo per varie altre ragioni classificabile come tale, esisto primariamente nello spazio meraviglioso quanto poco appariscente e spesso inavvertibile del mio linguaggio.... la risata, l’allegria , il buonumore sono fenomeni psichici altrettanto meravigliosi e numinosi – soprattutto nei bambini e nelle ragazzine adolescenti – ma non possono diventare la cifra dell’umano, il segno della dispersione in una società che, per dare intensità alla vita, ha sostituito l’emozione di essere col di-vertimento, con lo sviamento, cioè, alla lettera, l’emozione di essere con l’emozione di non essere.

 

mi diceva ieri la mia amica f. che se risponde al telefono mentre sta leggendo spesso le domandano: ma stavi dormendo? a me capita lo stesso, mi chiama g. e al mio tono di voce chiede: ma che stai depresso? io magari stavo in un momento di sublime entusiasmo (en thous, il dio dentro) procurato dalla lettura di wittgenstein, nancy o novarina...
la spiegazione ovviamente è nel fatto che leggendo ci si addentra dall’esteriorità e la visibilità nell’interiorità. il problema è che ciò viene percepito sempre più con sospetto. ma il mondo dell’esteriorità è esattamente quello che produce ingiustizie e stupidità, quello del denaro e del successo. il mondo ha bisogno di depressione, di incentivare la depressione (come riduzione della pressione, o quale profondità, scavo, originarietà...), non delle pochezze di jovanotti e renzi. dovremmo dire a chi incontriamo: mi fa piacere, ti trovo proprio depresso! e se troviamo qualcuno troppo allegro: ma che ti è successo? che c’è che non va? forse hai fatto soldi? sei andato alla tv? frequenti un animatore della valtur? hai partecipato a un seminario new age sulle vibrazioni armoniche? a un corso motivazionale in cui sei diventato protagonista della tua vita? non mi dire che hai preso degli antidepressivi? il tuo nuovo vicino di casa ti saluta sempre con gli occhi che gli luccicano? tua moglie è una fan di antonella clerici?  aiutatelo, parlatene, spiegategli che si può uscire dal tunnel, esistono libri, persone, eventi (psicoterapeuti per ora purtroppo non ancora) che lo possono riportare al senso radicale delle cose.

 

questa positività finta, proferita,  non produce nulla di positivo, è la nuova droga o la nuova propaganda del mondo.
le persone “positive” non dicono più niente della realtà, e vivono solo nel loro umore “aumentato”, dopato, indotto, fasullo (un malumore camuffato da buonumore).... si imbottiscono di neurotrasmettitori e ormoni spremuti a forza dalle ghiandole, se non acquistati in farmacia – “dicono” la loro positività, e ciò produce solo una negatività lastricata di intenzioni, come un cattivo odore mascherato dallo spray del supermercato....sviliscono il mondo...
quel che produce “cattiva” depressione è proprio la simulazione, e tutto il sistema che ne consegue.
siate disperati se siete disperati, siate vecchi se siete vecchi, siate assoluti, siate voi, siate qualcosa...così glorificherete il mondo...

 


pensiamo a un tizio che vanta il suo amore per la cucina genuina, i cibi tradizionali ecc., e che invitato a pranzo da nuovi amici,  si vede servire la “genuina simmenthal della nonna”. i suoi “host” alle rimostranze o dissimulata ma trasparente perplessità di questi, replicano “correttamente” e “ineccepibilmente”: ma come, questa carne “è” genuina,  è addirittura e incontrovertibilmente  “scritto” sulla scatola. lo dice con voce chiara, tracciata e socialmente legittimata la pubblicità: la buona simmenthal che preparava la nonna (ed è del tutto plausibile che qualche nonna abbia ammannito una simmenthal). in base a quale indimostrabile sensazione gustativa o arbitrario pregiudizio soggettivo tu vuoi confutarlo (quel che è peggio è che lo dicono in buona fede)?
ecco, così io mi sento ora nel mondo, e sempre di più. restando nella gastronomia, potremmo fare l’esempio del tofu – un prodotto senza storia, senza geografia e senza sapore, che o è abusivo o è stato un anno nella plastica, prodotto da quegli stessi cinesi che hanno avvolto pechino in una cappa impenetrabile di smog (sarebbe invece certo squisito un vero tofu prodotto sul posto da un contadino coscienzioso...ma chi ha la minima idea di che sapore abbia?)

 
dire come dico che fare cultura e fare politica significa unicamente fare percezione, educarsi a percepire, impattare radicalmente la propria carne sulla carne che sta, o starebbe, al di là dei suoi segni, non significa negare la natura culturale e codificata di ogni nostra sensazione e percezione, significa al contrario ammetterla, acquisirla, e elaborare una reale cultura della carne e della corporeità. è dire che la simmenthal o la ricciola appena pescata non può essere “letta”, che il produttore non può limitarsi a proferirla, ma deve essere mangiata, “rimangiata”,  riappresa in un rapporto reale, radicale...da alibi deve diventare futura porzione del proprio corpo...

 

nella nostra società schizoide, dietro l’apparenza della socialità globale, dietro il mito della condivisione, io avverto una progressiva contrazione dell’individuo su di sé. si condivide tutto, ma per pubblicizzarsi, illustrarsi, promuoversi, e tutto si condivide superficialmente, nella sfera superficiale del web o della dimensione pubblica in generale. in realtà già in una conversazione a telefono percepiamo l’isolamento profondo, il disinteresse profondo reciproco, che è poi una coscienza progressiva dell’impossibilità di sentire dalla parte dell’altro, coi nervi dell’altro, di connettere la propria lingua all’altrui corpo - se non forse nelle fasi folli e illusorie dell’innamoramento, o della prima maternità. ciascuno cerca di attrarre la conversazione su sé,  sull’unica cosa del mondo che in definitiva avverte esistere. ciascuno inscena il resto – la solidarietà, l’ammirazione, l’amore, l’etica ecc.
ecco un’altra delle ragioni per cui io credo alla necessità di una riforma radicale della percezione, del rapporto stesso fra il sistema nervoso o l’oggetto – del superamento di questa divisione che profondamente non esiste.

 

dimmi una parola bianca
io
io chi?
l’io, il sé
siete da soli? quanti siete?
un popolo
dove va questo popolo
al baratro o al cielo

 

Jomo Kenyatta : Quando i missionari giunsero, gli africani avevano la terra e i missionari la Bibbia. Essi ci dissero di pregare a occhi chiusi. Quando li aprimmo, loro avevano la terra e noi la Bibbia.

 

l’abito è un linguaggio avvolto sul corpo
 

tutti sono troppo convinti di essere qualcosa, a volte perfino qualcuno, non sanno di essere poco più che tubi di diverso peso, calibro e profilo attraversati da tutti i linguaggi che li hanno preceduti…
 

g. è un poeta per ambienti, nel senso del deodorante

  

ecologismo problematico: è ecologico reintrodurre la vipera, ma non lo sarebbe ancora di più il vaiolo?

 

la crisi del libro è tutta qua: a una civiltà che pensava per parole, se ne è sostituita una che pensa non dico per immagini, ma per simulacri

  

vorrei creare una fondazione per 16enni che si amano, aiutare i 16enni che si amano ad essere felici, perché essersi riusciti ad amare a quell’età è l’unica cosa che può dare senso all’aver vissuto, 36 anni dopo

  

il mondo sembra una conferenza stampa di un allenatore: una cosa insignificante, in cui non si dice niente, e tutti sono contenti perché non c’era niente da dire

 

scrivere deve essere come lo sforzo dello scimpanzé quando si riconosce nello specchio... capire che quelle macchie confuse sono qualcosa che si è. capire che qualsivoglia accozzo insignificante è necessariamente un io, perché solo l’io produce insignificanza.

 
nel corpo, nella fotografia, nell’immagine il linguaggio è trasparente, e si vede “il morto”. realismo, scienza, pornografia è necrofilia?

 
d’altronde è vero l’inverso, che siamo morti linguacciuti – con una fiamma nella bocca viva – morti linguistici, morti parlanti, e dunque solo nella foto, nell’immagine, vediamo ciò che siamo più continuamente e stabilmente.
 

anche quando esiste un dialogo nel film porno, esso costituisce un tessuto trasparente – insignificante. è una trama di grida e singulti, o frasi fatte, meccaniche, accessorie, frasi come una specie di peluria o sudorazione.

 
nel porno c’è una specie di tridimensionalità, di emergenza di realtà, il corpo che c’era stato, il corpo che è stato il precursore, l’evento generatore, l’evento nel tempo esistito della ripresa, in qualche modo sfonda il tempo e cade nella riproduzione, grazie alla riproducibilità resta polposo e fisico. l’annullamento della lingua libera il rilascio del mondo, il mondo irrompe in tutta la sua flagranza, nella sua flagrante irruenza.

 
film porno fra scimpanzé, fra bonobo? sono i noi stessi senza lingua, i culi nudi e sessi nudi alla potenza.

 n.b. la foto di danza in alto è riferita a una sessione di prove del gruppo di a.b.

2 commenti:

  1. ti trovo molto zen(itsin), qui.
    : )
    e liberandomi dalla positività finta (ovvero volendo essere cattivo fino in fonod), mi verrebbre l'istinto di generalizzare dicendo che la poesia tutta è un deodorante per ambienti. l'essere umano ne ha bisogno, soprattutto in ambienti vissuti, dove l'aria è viziata. sì sì sì, delle due l’una: o apri le finestre o ingentilisci l'aria con un po' di po'esia. dovrebbero rendere obbligatorio per decreto legge, alla fine di ogni film porno, uno scampolo d'arte in cui la protagonista accaldata e odorosa di liquidi biologici infrange la quarta parete - id est, guarda in camera (da letto) - e dopo qualche attimo, a scelta, o va aprire la finestra o recita una poesia. non sto scherzando, pensavo... una sorta di "sfondamento percettivo".
    mmmm... sto delirando (o forse no). bacioni
    : )

    RispondiElimina
  2. sono tanto d'accordo che sono stato tentato di aggiungere al post la frase: "e come dice malos, d'altronde tutta la poesia è un deodorante per ambienti". ho poi rinunciato perché la questione del fine della poesia è troppo complessa per liquidarla così...certo però è forte il sospetto che infine sia solo quello... peraltro mi preoccupa anche che la ns sintonia è perfetta quando deliri...

    RispondiElimina