venerdì 27 dicembre 2013

files ritrovati - voi che non sapete che cosa è un grande amore

voi che non sapete che cosa è un grande amore, ne sapete magari più di me

voi che non sapete che cosa è un grande amore, non sapete una cosa che non conta


è grande, la sua superfluità

voi che non lo sapete, non ne avete però memoria

è una cosa che resta in una vita, che non si elimina dal fondo

è una cosa così sciocca, che non vale la pena di eliminarla

perché è stata un’avventura, e passata è solo quell’avventurarsi

ma non passa, è tenace, persistente, è petulante, è insistente

poiché quel grande amore, non era solo un grande amore. non era riproduzione, o forse era solo riproduzione: e tuttavia la riproduzione non è solo quello

è  la violenza del corpo, l’irrimediabilità del fatto

è nulla, e la violenza del nulla

è come una minima incrinatura, ma quella che schianta il palazzo, che fessura il ghiacciaio

perché agisce come l’acido, lentamente, corrodendo implacabilmente, come il tempo

perché è una forma del tempo, un modo di essere del tempo

 

 

un grande amore non è necessariamente una cosa romantica. può essere forse anche una cosa crudele, o magari a suo modo piccola, grande ma minuta.
un grande amore è un amore fatto di una sostanza diversa dagli amori a sfondo sociale, o riproduttivo, e persino letterario.
un grande amore è una specie di sguardo sfondato, di sguardo che non ha fondo. è una specie di cosa triste e drammatica, ma infinitamente gaia, e briosa, come argento vivo.
un grande amore è la sensazione dell'ineluttabilità, e dell'interminabilità, e insieme della contingenza istantanea dell'esistenza. quando vedi questa cosa. solo che la vedi fuori di te, e anzi puoi vederla proprio perché è fuori di te (tu non lo sai, che anche tu nel tuo cuore sei un immortale).
con un grande amore non c'è nulla da fare, esso ti avvelena la vita, e insieme la fa ebbra.
tu, quando sei nel grande amore, sei sempre sobrio e ubriaco, per vent'anni.
prima o poi devi cercare di liberarti del grande amore, e forse te ne liberi. tuttavia è lui che non si libera di te. ormai ti ha fagocitato, metabolizzato, e tu sei diventato un altro: quello che lo ha sfiorato, che lo ha costeggiato.
ormai sei sfondato dentro, sei squarciato dentro: ci passa molta roba. tu vedi passare il fiume, come girano le costellazioni e i cieli. quel che eri, quella cosa intera, un po' lo rimpiangi. certe sere al supermercato. certe notti agitate. tu, la cosa sfondata, la cosa perduta, la cosa che è ancora nella vita ... 

 
 

 
brano veramente politico - a lei che prende il sole

 
tu non sai che felicità è vedere il tuo corpo

ma non è un piacere di immaginazione

è che vedo molta te, altra te, e che questa che vedo sei tutta tu

sei quasi tutta, o almeno tutto il limite di fuori

mancano solo alcuni triangoli

e ho visto questa te in questa troppezza fuoriuscente di luce, in questa fuorezza lucescente

l’ho vista vicino al mare e alla sabbia, anzi con certo mare appoggiato sopra

e anzi pochi momenti fa eri indentrita  in questa cosa, eri una parte in un certo punto di questa cosa che è a forma di te

vicino a mare e sabbia, anzi con certo mare con poco spessore appoggiato sopra

eri una varianza del mare, una sua fase spessa

un mare col fegato e le alberificazioni arteriose ravvolte dalla pelle, e coi pensieri che avevi, tipo quello del gocciolatoio sul lavandino (un mare che, dal tuo corpo, pensava questo gocciolatoio, o il tuo desiderio di certe scarpe).

perciò questi fianchi germinali tremolavano liquidamente, acqueamente.

io quindi precipitando verso questo attimo consistente mi arrestavo nella delicatezza, ed ero anche io, vedendo acqua, acqua.

se ti avessi toccata, quel punto del cosmo da cui provengo io, quel posto, quello spazio di materie sfatte e scomposte, di carne, nevroglia e cordami, si sarebbe riallineato, ricomposto per un istante, riallineato alle cose, e questo sarebbe stato: bene.

per un istante, per vari istanti rinnovabili, tu saresti stata scatenata dagli istanti, esposta all’intemporale,  scapsulata dal tegumento opaco, greve, rugoso, costrittivo dell’attimo. tutto ciò con un banale, ma portentoso accostamento di corpi inerti.

e in più hai anche i lineamenti distesi, le fini di linee e gli orli interrotti che sono il volto, sono in questa calma

le tue palpebre, le feritoie e i tagli del volto da cui sei resa tu.            

sono posati alla spiaggia, al sole, e sono la stessa calma – ecco, questo è uno di quei punti del tempo in cui la mia vita tocca, sente sotto il continuo, dove indovina la cosa che non è, dove diventa preveggente (presaga) di questa cosa

questo, tu nella spiaggia, mia contemporanea, a giugno, con io a portata di vista, nei paraggi
 

 

(questo brano è veramente politico nel senso che io auspico una radice amorosa della politica. ogni fatto della comunità deve nascere da una vera comunione, ogni azione sociale comincia dal nostro corpo, e da quel primo movimento di effusione , di esodo da sé, di travalicamento, di patto col mondo)


anticipato per motivi tecnici. originale pubblicato 27-12-2015

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