venerdì 11 settembre 2015

la stessa frittata


c’erano certe case fuori dalla finestra, e su una parte della casa c’era una signora che stendeva i panni, piccola. questa signora poteva avere 55 anni...per tutto questo tempo era stata una signora, una vera signora. ma da piccola no, era ancora una bambina.


io pensai a tutti i pensieri che lei aveva nella testa, e che stavano in quel punto, laggiù, e per un attimo l’amai, per il suo stato di signora, per la calma e la lontananza con cui stendeva i panni (eravamo fatti della stessa frittata, dice il mio amico f.. )

si vedeva chiaramente che questa signora pensava profondamente. lei aveva delle specie di buchi e canali dentro l’osso in testa e nel resto, in cui scorrevano liquidi che inzuppavano tutto il corpo. più o meno per gli stessi canali scorrevano anche pezzetti di figure e lineette nere che formavano il pensiero, e la sua mente. la signora riusciva così a dire cose molto sorprendenti e complicate (ora per esempio forse stava chiedendo le mollette alla suocera)



a suo tempo si era innamorata del marito, che ammirava perché le diceva certe cose con molta sicurezza. poi si era sacrificata per i figli e varie altre cose. e tutto questo con un materiale che era della stessa frittata dell’azzurro del cielo dietro, di quel tessuto di particelle così brillante e compatto, perché molto rado e riflettente, e che è attraversabile da uccelli, astronauti, cartacce ecc.

questa signora così piccola, ma vista da vicino 1 metro e 60, sta tutta in un buco di me, grazie a un complicato processo (bene fece schumann che provò a capirlo nel reno).


questa signora era fatta tutta di fuori, di con, di in, e proprio per nulla di quello che pensiamo noi. la sua materia costitutiva era quindi estremamente friabile e evanescente. bastava un mio schiocco di dita, o di tratti delle mie fibre nervose afferenti, per trasmutarla per esempio nella pianta affianco (se giro gli occhi).
le macchie segregate che sono la signora a volte si saturano. ogni punto o istante che eccede questa saturazione è incomprensibile.

questa signora ha un globo chiamato occhio, in cui confluiscono tutte le luci, e queste luci poi in lei è come se esistessero. per cui tutta questa luminosità oltrepassa l’occhio e la nevroglia dietro, e va dall’altra parte, dove c’era la vera e propria signora.

(tutta la signora, questa congerie molle tutta insaccata nella pelle, è in realtà solo lo sporgere di queste frattaglie)

questa vera signora d’altronde non è un’altra cosa dalla signora normale, ma la sua forma, il modo preciso in cui la carne è andata a capitare nel mondo, con un po’ di pallore o di rossore in più, un po’ più qua o in là rispetto alla ringhiera. è proprio capendo questo concetto che la suocera (e anche  la vera e propria suocera) ha risposto proprio a lei, e le ha portato le mollette. il mondo funziona grazie all’intelligenza di queste persone, per cui è inutile pensare che esista un intelligentone nascosto in qualche punto che ne sa di più.


le case sono grandi conchiglie, con dei corpi molli dentro di signore, signori, gatti ecc. fra questi corpi molli, fra tutti questi corpi, si è creata una grande connessione d’aria percossa e sagomata dalla gola, e poi di inchiostro e segni. una grande pulsazione dà un ritmo a questo nuovo organismo. ma resta tutto un fuori, tutto è fatto di questo fuori, di queste luci. e non si riesce a spremerne niente, a rovesciarne niente. ci si continua a toccare, a vedere, a scrivere, si vive in lungo e in largo, e siamo alla fine un’increspatura lievissima di questa superficie. gli diamo molta importanza. siamo attraversati da molte volizioni, decisioni, quelle che chiamiamo passioni. contiamo le cose, perché il contare è il fuori dell’altro in noi. ecco cosa mi viene da dire ora
 

NOTA
a volte ho la sensazione che da queste signore di fronte non si riesce a cavare un ragno dal buco, cioè a capire quello che vorrei capire. o forse è un mio problema tecnico, non essere capace di capire di più. tuttavia qualche volta mi sembra che potevo dire quello che volevo (forse non ora). certo capirei meno con i soliti romanzetti, giochi di parole e belle immagini. il problema è obiettivo, il mondo sta sempre là con una sua certa insolente impassibilità , e petulante indifferenza ...io (io?...già, io...) sempre, pare qua, o dove mi trovate...frustrato, dolente, deficiente, inadeguato (questa inadeguatezza, questo giogo, questo spazio fra me e il mio contorno mi permette di “vedermi”)...si scrivono poi cose che nessuno legge...

2 commenti:

  1. molto bello quest'affresco, una vera e propria fuoridellafinestritudine dove i pensieri scivolano tra le righe come un refolo di bora e per un attimo (di più non ci è possibile) vedono tutto come è, attribuendo un (non)-senso a complessi rompicapi di frammenti d’immagini e lineette nere. ordunque, perché non soffermarsi proprio sulle lineette nere? agili quanto virtuose ginnaste del circo, s’assemblano e scompongono di continuo descrivendo increspature, coaguli, grafemi e compagnia bella: viluppi/sviluppi inestricabili di parolepensieri nei quali ogni segno gode d’un significato verificabile solo a posteriori. sarà per questo che spesso chiamiamo in causa il famoso “segno di poi” di cui - come saggezza popolare vuole - son piene le fosse? (o le glosse, chissà)… vabbè, comunque, a proposito di glosse, proprio nella nota a piè pagina prende corpo il tormento, ovvero l’unghia incarnita, incarnata da un corsivo coraggioso che mette il dito nella piaga, se non nella piega (del foglio). “foglio capire! foglio dire!” - pare gridare l’inadeguatezza innescando un circolo vizioso tra gioco e giogo, tra “me e il mio contorno” che m’ha suonato come un doloroso tentativo di esorcizzare l’incomunicabilità (tanto tra sé e sé, quanto tra sé e non-sé). “si scrivono poi cose che nessuno legge”, annoti in chiusa, e io da bravo Ulisse non posso che essere d’accordo. forse ciò non impedisce che proprio per questo le cose vadano nel modo in cui vanno (il mio nanoforisma preferito è: “l’incomunicabiltà muove il mondo”). e forse è per questo che il “problema” più che obiettivo o soggettivo, potrebbe essere soprattutto intersoggettivo. mmm...

    RispondiElimina
  2. grazie, bell'analisi..mi piace l'immagine del refolo di bora...è anche vero che la comunicazione è spinta dall'incomunicabilità - nanoforisma non so se tuo originale, qualcuno mi pare che l'ha detto..
    beh, cmq almeno uno mi legge...

    RispondiElimina