sabato 31 maggio 2014

ho paura di me

ci siamo dimenticati di vivere

ho paura di me

il giallo della ginestra è insostenibile

che sia un altro che ha vissuto - è insostenibile (un altro che ero già io....qualcosa di costante in questo caos...questo impossibile)

la pietas di se stessi

di questo aggiungersi di tempo - che frana. di questo franare di qualcosa in cui consistiamo


i miei scritti come esercizi per accorgersi del mondo.
ecco, ad esempio, il mondo...toh, guardate, il mondo...oppure: ma....ma questo è un mondo...
questa è la loro grammatica elementare.  
un tentativo un po’ disperato... ma guarda, ti prego...non ci credi... stava qua un attimo fa...toh, sta ancora qua...un gesto un po’ di un ubriaco o un allucinatore, un po’ di un matematico e di un prete...



descrivere il fenomeno, la posizione, il colore – il modo in definitiva con cui una montagna modifica il mio corpo – l'impatto fatto di vibrazioni d’aria, assetti elettrochimici nel volume di spazio in cui sono delimitato, e tutto ciò che il tempo vi ha depositato – questo è accorgersene.
perché la montagna diventa più piccola se il mio corpo si allontana? che è la prossimità? per tutto questo la logica offre solo descrizioni. non si può spiegare perché le cose lontane appaiono piccole, ma solo accorgersene.

l’uomo zoon manikon – pensa alla follia delle piramidi, per trasmigrare – nessun animale lo farebbe. d’altronde tutto ciò che è bello è insensato e ingiusto (tutto ciò che ha valore) – dalle piramidi ai begli occhi e le belle natiche.

quando incrocio 2 ragazze per strada, guardo sempre la più bella. ma nello stesso istante in cui commetto quest’ingiustizia, realmente ne soffro. so che l’altra sta abbassando gli occhi, sta provando una lieve fitta per non essere la prescelta dal passante (magari sono il terzo, il quarto nella sua passeggiata...così fanno tutti i maschi...). so che sto compiendo il male. questo male appare qui nella sua forma minimale, elementare e quasi irriducibile. c’è la bellezza di un corpo, c’è un altro corpo, il mio, che “se ne accorge”, che la riconosce. e il gioco dell’etica non è il gioco del compenso e della remunerazione? e tuttavia io dovrei accorgermi anche dell’ ”in sé” dell’altra, di quella che non è bella.


di ciò, di cui non si può parlare, si deve tacere – conclude wittgenstein. da un punto di vista logico, potrebbe concludere anche il contrario, che se ne deve parlare. la sua è un’asserzione etica, una decisione. come ogni decisione, è una follia (kierkegaard). l’uomo è l’animale che decide, dunque è l’animale folle.


è la sua follia che dà valore al mondo. l’animale non ha una logica da sconvolgere, da travalicare. l’animale funziona. il confine dell’uomo – la pelle che lo avvolge, il linguaggio che gli è coesteso –  interrompe il rapporto solidale (meccanico) col mondo.



accorgersi del mondo perché il mondo sfugge, è trascurato, scola via. perché il mondo non si ripete, è irripetibile. perché è prodigioso.
accorgersene, è duplicarlo. è insediarlo, impiantarlo in un corpo, il mio – poi quello del lettore, del bersaglio. così il mondo sarà nel mio corpo – e abbiamo inventato la soggettività. a che serve? a fare mondo, a fare l’umano – nel bene e nel male.
è un’operazione ecologica, nostalgica, conservativa, previdenziale. ma anche magica, demiurgica ...produce essenza.

anticipato per motivi tecnici. originale pubblicato 31-5-2015

2 commenti:

  1. il "ci siamo dimenticati di vivere" iniziale mi ha fatto ripensare alla simpatica gag savonarolica di "non ci resta che piangere": "ricordati che devi morire!" - ammonisce il predicatore, e Troisi replica: "sì, sì... mo... mo me lo segno".
    ecco, rimuginavo, nell'ipermercato ipercinetico coesteso alla follia umana che dà valore commerciale al mondo, tutto passa alla cassa così in fretta che, nello slancio, non solo rimuoviamo l'idea che dobbiamo morire, ma anche quella che potremmo vivere. però… però resto dubbioso sul fatto che possiamo accorgerci del mondo mediante le parole. di solito, trovo più efficace toccarlo con mano. non fosse che in tal caso la ragazza più bella si girerebbe di scatto assestandomi un ceffone...
    : )
    scherzi a parte, intrigante lo spunto sullo prossimità. anche perché è oggettivamente difficile toccare con mano ciò che è lontano (nel tempo e nello spazio). ordunque? nella distanza, id est quando appaiono piccole sul margine dell’orizzonte, riesci ancora a distinguere quale delle due ragazze è bella e quale no? mmmm…

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  2. grazie malos, individui sempre i pezzi più interessanti...
    sul toccare con mano, prova tu a fare l'esperimento...nel caso ti seguo a ruota...ma io non penso che l'uomo tocchi nulla con mano....l'uomo semmai "pensa" un toccare con mano...
    sul resto hai ragione... se ci dimentichiamo di morire ci dimentichiamo anche di vivere

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