lunedì 22 aprile 2013

geologia di un padre di valerio magrelli

qui scrivo poco di libri, ma non posso non lasciare almeno qualche impressione su questo che è uno di quei libri che non sono solo libri, ma cose della vita che attraversano lo stadio di libro, per diventare poi nel lettore di nuovo cose della vita...il che peraltro contraddice un po’ tutta la filosofia letteraria di magrelli.

qui magrelli per la prima volta, lui che se ne è tenuto sempre allergicamente e coscienziosamente   alla larga, entra in una psiche, riconosce una psiche...se ne è sentito forse autorizzato dal fatto che quella psiche è in qualche modo la sua,

è carne sua, è storia sua...è la psiche di quel personaggio in sé metapsichico, la cui oggettivazione è preclusa dai meccanismi libidici,  che è un padre.

e la cosa sorprendente è infatti che egli riesce a descriverla tenendosene sempre sull’orlo metafisico, sul ciglio... è la prima volta, a mia conoscenza, che una psiche è descritta in tutta la sua verticale, insondabile vertiginosità, proprio perché coincide con quel limite del mondo che è un io, quello del figlio che la racconta...

la figura sociale che se ne delinea è insieme un mostro e un reperto fossile, un meccanismo animale e un vividissimo e pulsante fenomeno umano...

ed è dunque pertanto anche, stranamente, inspiegatamente, fatalmente, un oggetto del suo amore...

tutto il libro è percorso da una cruenta tenerezza, da una tenerezza che svaria dal beffardo al commosso, dall’algido al rovente, dallo straziato allo straniato...

la violenza irascibile e furente del padre dal nome di fiore, di giacinto, così diverso dal figlio e così coincidente, appare come un dimenamento, un divincolamento, uno spasmo con cui tenta di sventare la presa del mondo...giacinto non si avventa, ad ogni stimolo, contro l’ingiustizia, ma contro una condizione di prigionia del corpo nella lingua..

corrisponde peraltro simmetricamente al sofisticato culto (in origine un'etica) del martirio del figlio..ma tutto ciò non è da scambiare per un banale e patologico incastro nevrotico...padre e figlio sferrano piuttosto da fronti opposti un prometeico e congiunto attacco alla morte e alla meccanicità della vita.  

non saprei se questo è il libro migliore di magrelli, per qualche verso no, per molti versi è più compiuta, organica, riuscita e conchiusa la sua poesia, quella esatta e trasparente di ora serrata e venature, delle ineccepibili, perfette didascalie per la lettura di un giornale, quella più spessa, matura e potente dei disturbi del sistema binario... è certo però che questo è un libro nuovo, importante e irrinunciabile, un libro che aggiunge qualcosa a quel che c’è da dire del mondo.

 



la nota è stato postata anche da domenico pinto su Nazione Indiana  nota su Nazione Indiana , in una versione con un "tempo" diverso
 

per un mio scritto più ampio, seppure sempre occasionale e asistematico, su magrelli rimando a  Il primoamore  l’autore,l’untore, l’attore

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